«A volte non esprimono melodie estese. Semmai minimali: attorno alle quali mi è piaciuto scavare e identificare tutte le risonanze possibili. Per scelta, dopo anni di sperimentazioni sulle nuove tecnologie sono tornato al pianoforte, alle fondamentali, al bianco e nero. Ho quindi lavorato con pochissimi elementi, privilegiando ogni sfumatura col tocco e i pedali dello strumento».
«Ho tentato di esplorare la macchina espressiva del pianoforte, che è davvero un miracolo d’ingegneria».
«È il risultato, per molteplici ragioni, di ciò che è drammaticamente accaduto negli ultimi 3 anni: la morte di Francesco Di Giacomo e di Rodolfo Maltese, i problemi di salute miei e di mio fratello Vittorio, gli accadimenti di questo mondo impazzito… Ho sentito il dovere di dire a me stesso “Okay, vediamo cosa tutto questo ha provocato alla mia sensibilità”. Mi sono seduto al piano abbandonandomi spesso e volentieri all’improvvisazione».
«La classica, in particolare quella del ‘900, rimane il mio punto di partenza. Certe armonie, certe improvvisazioni, provengono dall’avere “frequentato” compositori classico-contemporanei come Béla Bartók e Igor Stravinsky. È comunque Frédéric Chopin il mio baricentro: pianistico e compositivo. Continuare a considerarlo solo un romantico non gli rende giustizia: dal punto di vista armonico è di una modernità sconvolgente».
«Per poi riprenderne l’ispirazione nella parte finale del disco. Satie è un altro riferimento imprescindibile, per quanto mi riguarda. Mi emozionano sempre le sue Gymnopedies e le sue Gnossiennes».
«Dal punto di vista compositivo è il pezzo più giovane, più recente. Quello che ho pensato e mentalmente scritto (in quel momento non avevo a disposizione un pianoforte) cercando di riatterrare sulla Terra: quando cioè sono morto e rinato dopo l’intervento chirurgico al cuore che prevedeva la circolazione extracorporea del sangue. Ritorni è la visione distaccata di me che mi vedevo dall’alto, da fuori».
«Mi piace definirla composizione atletica, dove si riconosce di più il Gianni Nocenzi legato al Progressive Rock».
«Mentre lasciavo che la mano sinistra facesse da metronomo, la destra si è messa a improvvisare, poi a rincorrere e infine a trovare Forbidden Colours, tema del film Merry Christmas, Mr. Lawrence composto da Ryuichi Sakamoto. Ho voluto rendergli omaggio così, spontaneamente, ricordando la sua partecipazione a Soft Songs, il mio secondo album solista del 1993».
«Armonicamente è forse il pezzo più contemporaneo. Parte da una melodia “cantabile”, si trasforma in follia atonale, trova la forza di rientrare da questo viaggio uditivo e si ricongiunge all’orecchiabilità dell’inizio».
«Una progressione che lievita per poi sospendersi nella parte centrale, in un “non luogo” dove io improvviso. Ninnananna di Cosmo l’ho dedicata a mio figlio, quando aveva 2 o 3 anni. È lo sguardo verticale di un padre nei confronti del suo bambino: avrai questi problemi, gli sussurra. Vivrai momenti di tristezza, ma riuscirai a risolverli».


Foto: © Andrea Basile