Polistrumentista anche se di estrazione prevalentemente chitarristica, dopo gli inizi vagamente blues con gli Ones, Edgar Froese si avvicina all’avanguardia, lascia i vecchi componenti e col batterista Klaus Schulze e l’ingegnere del suono tuttofare Conrad “Conny” Plank dà vita ai Tangerine Dream registrando nel 1969 Electronic Meditation, disco fra i più strani che si potessero immaginare all’epoca (e forse anche adesso). La “vulgata” parla di influenze dei Pink Floyd per l’organo che nel brano Reise Durch Eine Brennendes Gehirn (Journey Through A Burning Brain) ricorda A Saucerful Of Secrets: ma qui si va oltre, sia perché i 3 suonano un po’ di tutto sia perché le registrazioni sono tutte riprocessate elettronicamente con aggiunta di effetti ispirati a Karlheinz Stockausen e alla classica contemporanea in genere. L’album viene pubblicato dalla OHR, etichetta d’avanguardia che per il suo “purismo” poteva permettersi un disco del genere. Tuttavia, se si vuol parlare di musica cosmica nel senso d’evocazione di algide profondità e “interminati spazi e sovrumani silenzi”, così non è Electronic Meditation: album oltre il rock, sperimentale, ma non cosmico se lo intendiamo nell’accezione precedente. Per impulso del deus ex machina della OHR, Rolf Ulrich Kaiser, il “cosmico” vero e proprio esordisce con 1 brano per il Festival di Ossiach del 1971, Oszillator Planet Concert, e l’Lp Alpha Centauri dove le composizioni sono dilatate, i sintetizzatori la fanno da padroni e la chitarra è solo un lento accompagnamento. La formazione tuttavia è cambiata: con Froese ci sono il tastierista Stefan Schroeder, il batterista esperto d’elettronica Chris Franke più altri collaboratori, mentre Schulze è andato con gli Ash Ra Tempel per lasciarli dopo il 1° disco.
Il 3° Lp , doppio, intitolato Zeit, è forse il più ambizioso: vengono reclutati 4 violoncellisti e Florian Fricke dei Popol Vuh, mentre Franke lascia la batteria per darsi all’elettronica e Peter Baumann, alle tastiere, sostituisce Schroeder. Zeit suscita grande entusiasmo fra i critici italiani: Maurizio Baiata scrive sul settimanale Ciao 2001 che le 4 facciate contengono suoni “eterni”. Basato sull’idea che lo scorrere del tempo non esista ma che siamo immersi in un tenebrosa fissità, l’album (volutamente cosmico anche nei titoli) è coerente con la teoria che lo ispira: l’esordio con Birth Of The Liquid Plejades è lentissimo, coi violoncelli a tenere lungamente le note; i brani seguenti, saturi di atmosfere elettroniche inquietanti e di effetti sonori, sono forse quanto di più vicino alla classica contemporanea si sia prodotto: viene in mente, per esempio, il compositore ungherese György Ligeti nei suoi 3 pezzi incisi per la colonna sonora di 2001: A Space Odyssey. Tutto sommato, infatti, i Tangerine Dream dovrebbero avere più spazio in una trattazione di musica classica anzichè di rock. Gemello di Zeit è Irrlicht, primo disco solista di Klaus Schulze. Completamente fuori dal rock, è una lenta opera dove in buona sostanza gli strumenti classici del rock non hanno spazio. Non si tratta di un ascolto facile ma (senza nostalgie fuori luogo per un’epoca terribile) bisogna ammettere che nei 70 tanta musica aveva spazio anche partendo dal fatto che non fosse commerciale.
Le cose per i Tangerine Dream cambiano però leggermente con Atem: viene utilizzato per la prima volta il mellotron; in alcuni pezzi si percepisce un ritmo possente ed estraneo al rock, ma foriero di una dinamica interna dapprima inesistente. In tal senso Atem e Wahn sono i brani più significativi se non i più godibili. Di sicuro, a mio modesto parere, si tratta forse dell’album migliore da loro prodotto. E forse superiore a Irrlicht è il 2° album di Klaus Schulze, Cyborg del 1973: anche in questo caso è bene parlare di classica contemporanea, ma gli effetti sonori non sovrastano il grande lirismo delle tastiere. Non so con quanta consapevolezza da parte del musicista, ma questo potrebbe essere considerato fra i primissimi esempi di ambient music. Sempre nel 1973 e sempre inquieto, Schulze torna con gli Ash Ra Tempel per la realizzazione di Join Inn e collabora al progetto Cosmic Jokers per poi dedicarsi a progetti solisti culminati in una serie di dischi dove Richard Wagner “incontra” György Ligeti, in particolare nel possente Time Wind. Tuttora “in azione”, la sua discografia è sterminata. Dichiarando in tempi non sospetti che «gli anni 80 saranno elettronici», si è rivelato buon profeta.
Entrati nella scuderia Virgin negli stessi anni in cui Schulze produce le sue mastodontiche suites, i Tangerine Dream sembrano invece andare verso il ritmo con Phaedra. Se escludiamo i “voli” mellotronici di Misterious Semblance At The Strand Of Nightmares, il brano eponimo ha in sottofondo un ritmo pulsante; e tale novità si sostanzia ancora di più in Rubycon, composto da 2 suite ancora più ritmiche che in Phaedra. Passati in Inghilterra, la dimostrazione dell’uscita da un circuito di pochi eletti è data dal tour nelle cattedrali francesi. E questo offre il pretesto per citare Ricochet, primo Lp live di un gruppo tedesco, che propone pulsazioni ritmiche e suoni “concreti” in situazioni di grande lirismo. Il seguente Stratosfear evita invece il ricorso alle suite e si compone di 4 brani dove a bilanciarsi sono lo sperimentalismo e l’incanto elettronico. Non so se la cosa sia casuale o meno, ma non è azzardato notare analogie con i pezzi più noti di Alan Parsons, che proprio al termine degli anni 70 comincia a emergere come musicista e non solo come ingegnere del suono.
Con l’uscita di Peter Baumann i Tangerine Dream si caratterizzano ancora di più come one man band (cioè il luogo esclusivo di Edgar Froese) e la loro storia è proseguita con la nascita dell’ambient di cui inconsapevolmente sono stati tra i fondatori. Froese è scomparso nel 2015 e suo figlio Jerome, che aveva fatto parte del gruppo negli anni più recenti, ha dichiarato chiusa l’esperienza forse perché (nonostante siano stati all’avanguardia solo fino alla metà degli anni 70 e non oltre) per impulso del padre hanno mostrato un’ottima verve nel comporre colonne sonore (una ventina, a cominciare da Sorcerer del 1977) dando poi vita a un’operazione assai originale: la coverizzazione in chiave Sogno Tangerino di alcuni classici del rock con Undercover. Chapter One (2010).
Foto: Tangerine Dream
Klaus Schulze