La nuova peste globalizzata ci ha cambiato la vita. Cambiare! Non era una cosa che tutti o quasi desideravamo fare da tempo? Già, ma forse non in questo modo… Comunque, ormai siamo dentro al gioco e non possiamo più uscirci: tanto vale adattarci al cambiamento, come lo ha deciso per noi il coronavirus. E cominciare a rispettare le nuove regole. Ma, ahinoi, quando si arriva alla parola “regole” ecco che si va tutti in paranoia: quelli che non riescono proprio a rispettarle (e temo che in questo Paese siano la stragrande maggioranza) e quelli che le rispettano e giustamente s’incazzano con i primi. Così, almeno, accade in Italia, ma forse non ovunque nel mondo. Un mio amico, musicista classico in trasferta in Sud Corea, ha scritto una mail in cui si dichiara preoccupatissimo: non per lui ma per noi. In quel Paese la sfiga ha picchiato duro quanto nel nostro e forse di più; ma i coreani sono gente disciplinata, si danno un gran da fare e soprattutto rispettano le regole. Da noi non è così facile…
Tuttavia, siamo onesti, chi non ha pensato che sarebbe stato bello allontanarsi dalle aree più allertate e andare magari nei luoghi di vacanza? Anch’io sogno il mio piccolo rifugio in un selvaggio borgo della mia amatissima Liguria: certo laggiù anche isolarsi per la quarantena sarebbe stato più facile e più piacevole (anche Boccaccio aveva fatto una scelta simile e lo racconta nel prologo del suo Decamerone). Però sono rimasto in questa Milano triste e deserta; e non voglio neppure inveire contro gli incoscienti che hanno affollato i treni in partenza per il Sud, o peggio, si sono ammucchiati nei locali della demenziale movida o si sono messi scompostamente in coda, quasi uno sopra l’altro, in attesa della funivia.
La loro stupidità, è vero, fa correre ulteriori rischi anche a chi ha scelto di essere disciplinato come un coreano. Ma anche stavolta l’odio non serve a niente. Perciò lasciamo perdere le arrabbiature contro gli stupidi. Cosa dobbiamo pensare d’altronde dei potenti di tutto il globo terraqueo che già da un paio d’anni erano stati allertati da gruppi di super esperti che prevedevano una imminente “Disease X” con la stessa certezza con cui parlavano di catastrofi climatiche e loro non hanno mosso un dito? C’è da chiedersi come hanno fatto simili individui a diventare i potenti che sono.
Dunque lasciamo perdere le incazzature e pensiamo a essere più solidali e a stare alle regole nell’interesse nostro quanto della comunità. Ma cosa c’è poi in queste regole che le rende inaccettabili e provoca tanta voglia di aggirarle? Un po’ d’igiene in più, beh si può fare, non è un problema. Ma isolarsi, rinunciare alla socialità, all’istinto del gregge, ecco il punto! Gli italiani rifiutano l’isolamento. “Restate a casa” è un comandamento cui sembra difficilissimo obbedire? Il nostro è davvero un popolo che aborre la solitudine? E poi che solitudine è, se stiamo isolati in casa con gli affetti più cari? E anche per i single o le single è davvero così terribile un po’ di solitudine, un po’ di raccoglimento per ritrovarsi qualche ora o qualche giorno con se stessi? Insomma, starsene un po’ per conto proprio non potrebbe essere perfino una piacevole terapia per tutti?
La prima opportunità è un po’ di sana conversazione con i familiari, con i quali spesso per abitudine si comunica a monosillabi (intanto sono sempre lì a disposizione). Oppure, per chi vive da solo, fare qualche lunga chiacchierata al telefono, o al video-WhatsApp, con amici lontani che si sentono di rado: la scusa del “come stai col virus?” serve a cominciare, ma poi si riscopre quanti argomenti e quante passioni avevamo in comune e…si fa notte. Ma ci sono anche altre opportunità che ci regala l’isolamento: si può mettere un po’ d’ordine in qualche angolo trascurato del nostro appartamento, rivedere qualche vecchio film, leggere qualche buon libro, abbeverare le piante del terrazzo (nel mio la forsizia e il ciclamino sono già fioriti!), ripulire il nostro frastornato cervello ascoltando un po’ di musica rilassante…
Ora, per esempio, sto ascoltando un magnifico pianista, l’israeliano Yonathan Avishai, che ha da poco inciso il suo ultimo album Joys And Solitudes. Già il titolo mi sembra adattissimo al momento storico e mi fa venire in mente quella splendida Solitude di Duke Ellington che mi ha incantato fin dalla mia età più acerba. A proposito di età, è da parecchio tempo che appartengo alla schiera dei più a rischio: quelli che, in mancanza di posti in terapia intensiva, forse verranno…sacrificati. E allora? Dato che nessun essere umano, neanche in Italia, ha il dono dell’immortalità, ritengo che sia il caso di godersi al meglio questi giorni di isolamento, ovvero di solitudine terapeutica. Pochi o tanti che saranno…