Dalla tradizione meneghina, a un’eccellenza tutta siciliana. L’origine del panettone risale alla Milano del Medioevo, quando in occasione del Natale (l’unico giorno in cui i prestinai utilizzavano la farina di frumento per i pani arricchiti da destinare sia a ricchi, sia a poveri) si preparava un pane più grosso del solito. Ma questo pane ha legato la sua storia anche a divertenti aneddoti, come il Pan de Toni e il Pan de Ughetto Degli Atellani. Il primo narra la storia di come, durante una cena natalizia a casa Sforza, il capocuoco di Ludovico il Moro bruciò il dolce. In suo aiuto accorse lo sguattero Toni che, impastando ciò che aveva trovato in dispensa (farina, uova, zucchero, uvetta, canditi) e unendovi anche l’ultimo panetto di lievito madre, creò un pane talmente soffice e dolce da venire acclamato dai commensali che ne chiesero l’origine al capocuoco, il quale diede merito della ricetta allo sguattero chiamando il dolce Pan de Toni. Per quanto riguarda invece Ughetto degli Atellani, si narra fosse innamorato della figlia del fornaio; e per conquistarla si fece preparare dal padre, Toni, un pane speciale a base di farina, burro, zucchero, uova, cedro e aranci canditi con il quale conquistò la sua bella. Ughett, fra l’altro, in milanese vuol dire uvetta: ingrediente che ha nobilitato questo “classico” della gastronomia meneghina. Resta però il fatto che un pane sempre basso ma più grosso rispetto a quello che si acquistava tutti i giorni; arricchito con lievito, uvetta e miele, venisse prodotto dai forni milanesi già nel ‘200. Forma e dimensione del panettone risalgono invece alla prima metà del ‘900, quando Angelo Motta propose la forma a cupola e il pirottino di carta forno per dare una misura standard al dolce.

Oggi il panettone è prodotto ovunque e ha assunto almeno 3 forme: basso originario, alto e basso moderno. Recentemente, poi, ne sono state create molte versioni per accontentare i palati non abituati ai classici sapori milanesi. In quest’ottica è nata un’eccellenza tutta siciliana: la Di Stefano Dolciaria di Raffadali, nei pressi di Agrigento. Papà Paolo coi figli Enzo, Benvenuto e Settimio, ha allestito nel 1986 un piccolo laboratorio di pasticceria artigianale che col tempo si è progressivamente allontanato dalla tradizione per aprirsi al mondo. Ma ciò che rende davvero speciale la Di Stefano è l’impiego di prodotti innovativi amalgamati con gli ingredienti classici, territoriali e ben selezionati. «Per realizzare i nostri panettoni siciliani occorrono 4 giorni», spiega Enzo Di Stefano. «Dalla miscelazione delle materie prime al confezionamento, ogni fase della preparazione viene curata con le nostre mani. E i nostri NO (no emulsionanti; no conservanti; no al superfluo) sono diventati i SÌ del mercato che ci sceglie poiché s’identifica in noi». Ecco i genuini panettoni classici, il mandorlato siciliano, il panettone al cioccolato di Modica, all’albicocca, al carrubo-arancia e cioccolato, alla mela, alla pesca, al pistacchio siciliano, alle pere e cioccolato di Modica, riproposti anche nella versione mignon. E l’esperienza del designer Andrea Branciforti e dell’artista siciliana Alice Valenti hanno visto nascere, per il Panettone Magnum da 3 e 5 kg. ai gusti mela, classico siciliano (uvetta e scorzetta d’arancia senza glassa) e carrubo-arancia e cioccolato, il piatto in laminam (materiale ceramico innovativo) a tiratura limitata di 500 pezzi numerati e firmati, ispirato agli schizzi a gessetto sulla lavagna con un unico volto stilizzato che accosta i tratti somatici di Angelica e Orlando, archetipi dei romanzi epico-cavallereschi di Boiardo e Ariosto; nonché la coloratissima latta per il panettone da 1 kg ai gusti pistacchio siciliano e carrubo-arancia e cioccolato. Insomma, Sicilia e amore sono gli ingredienti fondamentali di queste prelibatezze che sposano le tradizioni secolari del Nord e del Sud Italia.

Foto: © Alessandro Castagna