“Sono convinto che il clima culturale di Roma dopo gli anni 60 sarebbe stato molto più squallido senza le grandi invenzioni tematiche di Gino Marotta”, ebbe modo di annotare Pierre Restany, l’ideologo del Nouveau Réalisme. Impossibile dargli torto. E poi convincerci che la Pop Art italiana non sarebbe stata più la stessa dopo gli incantesimi di colui che aveva sempre agito, parole sue, «sulla base di un’incontrollata curiosità, su un’idea di arte come sintesi di natura e di artificio». È arte del materiale chimico/industriale, quella progettata e realizzata da Gino Marotta (1935-2012); arte che è anche design cromaticamente Pop; arte che è tumulto della trasparenza, in antitesi ai tumulti esistenziali di Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli, pittori (e rockstar nell’anima) della Scuola di Piazza del Popolo. Non può che svelarsi favoloso il mondo di Marotta che Erica Ravenna Arte Contemporanea ha messo teatralmente in scena partendo dai bandoni di ferro e raggiungendo lo zenit artistico del metacrilato, per sublimare il dualismo fra naturale e artificiale, luce e trasparenza.
“Con il metacrilato (o perspex)”, scrive Laura Cherubini nel testo critico che accompagna la mostra, “Marotta trova il ‘suo’ materiale che descrive come ‘l’unico materiale resistente che non degenera, perché è un materiale altamente tecnologico’”. Da qui, in favolosa esposizione selezionando capolavori degli anni 60 e 70, ecco il fluorescente bestiario da Arca di Noè che propone 1 artificiale fenicottero, 2 dromedari, 1 giraffa e 1 rinoceronte. Figure trasparenti, sdoppiate dal punto di vista ottico, fantasmatiche, anti corporee. Che inglobano materia sfruttando l’immaterialità della luce: come la natura che vede sorgere una palma, sbocciare una ninfea blu, sostanziarsi il cromatismo di un Autunno artificiale. Come il ragionare d’arte antica nel giallo acido che fa da sfondo al ritratto di Carlotta Chaber dipinto da Francesco Hayez; nell’accecante paradosso Pop che illumina l’Amor sacro e Amor profano di Tiziano; nel dittico Perugino amore mio, che vede il dettaglio fotografico di un paesaggio del pittore umbro dialogare (artificialmente) con la riproduzione in metacrilato del medesimo soggetto. Citando il poeta Leonardo Sinisgalli: «Marotta sa che cosa è un cantiere e un’officina. Sa cos’è l’industria, il laboratorio, il progetto. Ha “esprit de tecnique” da vendere».
Il favoloso mondo di Gino Marotta
Fino al 15 febbraio 2019, Erica Ravenna Arte Contemporanea, via Margutta 17, Roma
tel. 063219968
Foto: Perugino amore mio, 1970
Dettaglio dell’allestimento della mostra “Il favoloso mondo di Gino Marotta”. Sullo sfondo, la rielaborazione in chiave Pop del ritratto di Carlotta Chaber di Francesco Hayez
Autunno artificiale, 1971