Quasi 30 anni ci separano dagli ultimi 2 grandi album rock prodotti da chi il rock l’ha vissuto nella sua essenza primordiale. Parliamo di Iggy Pop, che era già in pista nei 60s. E di chi l’ha vissuto adolescenzialmente nella declinazione punk, ossia Billy Idol. Nel 1993 uscivano American Caesar di Iggy e Cyberpunk di Billy: 2 dischi ingiustamente sottovalutati. Nessuno nega che dopo di loro altri gruppi – come i Green Day o i Greta Van Fleet – abbiano prodotto buone cose. E che ad esempio lo stesso Iggy abbia inciso un disco musicalmente “feroce” come Skull Ring. Eppure, quei 2 dischi rappresentano lo spartiacque fra un’era passata (American Caesar che la chiude) e un’era che avrebbe potuto essere (Cyberpunk).

Iggy Pop, coerente riguardo le incandescenti esibizioni live portate allo spasimo e sempre oltraggiose, non ha dimostrato la stessa linearità nella sua vasta produzione discografica. Di fatto, negli anni, ha sviluppato una voce da “crooner” all’interno di quello che è un vero e proprio “rock’n’roll animal”. Ed entrambe le cose, tutto sommato, non sono mai andate d’accordo: tant’è vero che il suo pezzo più famoso, The Passenger, è un sincopato accattivante e piuttosto accademico, personale nel testo ma non nella musica del chitarrista Ricky Gardiner (1948-2022). Tolto questo brano, è difficile ricordarne altri di pari successo, ma se l’Iguana più vero è quello più sfrenato di Down On The Street, TV Eye, Search And Destroy o Raw Power, allora non credo ci possano essere dubbi che American Caesar possa essere considerato il suo disco più coerente: quello dove la sua voce profonda e intensa si sposa alla perfezione con un rock scabro e feroce.

A conferma di ciò, proprio nel 1993 è tornato in Italia per un tour promozionale presentando il nuovo disco e i classici del suo repertorio (sia solista che con gli Stooges) con una band ridotta all’osso – chitarra, basso, batteria – zero effetti scenici, nessun lustrino. Anzi, l’unico effetto speciale era lui che dopo l’intro con Raw Power, si era già tolto la camicia rimanendo a torso nudo.

American Caesar è in definitiva il prodotto che meglio esprime la sua anima fin dall’epoca Stooges, sebbene i dischi prodotti per lui da David Bowie siano più conosciuti e più venduti. Scegliere il pezzo migliore è difficile: sono tutte composizioni dal chitarrismo semplice e pesante, ma credo che Boogie Boy sia meglio degli altri, forse anche per una certa vena autobiografica. A posteriori, mi vien da dire che quel disco chiudeva l’epoca del rock più sporco e grezzo. Come ho detto all’inizio, qualcosa d’altro poteva nascere ma ho l’impressione che non sia nato.

Nello stesso anno usciva Cyberpunk di Billy Idol, il più glamour dei rocker anni 80. Anch’egli dotato di una voce calda come quella di Iggy Pop, è forse colui che, dopo David Bowie, ha saputo utilizzarla con maggior versatilità. Nel look era una specie di machosexypostmoderno, quasi un Elvis Presley postapocalittico reso accattivante da una serie di videoclip un po’ gotici e un po’ ammiccanti. In più, Billy era un grande animale da palcoscenico: a differenza di un fenomeno costruito ad arte, ma durato lo spazio di un mattino, quale Adam Ant. Le prospettive, insomma, erano buone all’inizio degli anni 90, considerando che da Billy Idol del 1982 era stato tutto un crescendo e che Charmed Life poteva contare su 2 hit: Cradle Of Love ma soprattutto una versione fantastica di L.A. Woman dei Doors.

Tuttavia Cyberpunk non ha avuto successo. E anche se Billy Idol ha inciso negli anni 2000 un bell’album come Devil’s Playground e malgrado l’età tuttora si esibisce, quel flop ne ha di fatto compromesso la carriera. Eppure non solo quel disco è stato registrato in modo innovativo, non solo poteva contare su un progetto incentrato sulla robotica, ma addirittura indicava una strada per il rock del futuro. Spesso inquietante nei suoni, molto elettronico, tutt’altro che semplice e con molti brani non facilmente riproducibili dal vivo, Cyberpunk ha aperto una strada che non è stata percorsa ma meritava comunque una sorte migliore, dal momento che Love Labours On è comunque fra i suoi brani più intensi; e Shock To The System e Power Junkie sono rock poderosamente energetici sulla falsariga (rinnovata) di un cavallo di battaglia come Rebel Yell. E la sua versione di Heroin dei Velvet Underground con l’interpolazione di Gloria di Patti Smith, riesce ad andare oltre l’originale facendone un pezzo praticamente nuovo.