Ch-ch-ch-ch-changes. Cambiamenti, mutazioni. Di suoni, parole, pelle. I suoi, di camaleontismi, David Bowie li ha musicalmente infilati dentro ChangesOneBowie, il 1° in assoluto dei suoi greatest hits a volare, nel 1976, da Space Oddity fino a Golden Years; dentro ChangesTwoBowie (da Aladdin Sane, a DJ) nel 1981; e nel 1990 dentro ChangesBowie – prologo Space Oddity, epilogo Blue Jean – particella di Sound + Vision, remastering di (quasi) tutto il suo repertorio.

ChangesNowBowie (2020), 9-track album perlopiù acustico già bootlegato a man bassa, nasce in realtà nel novembre del 1996 quando Bowie, affiancato da Gail Ann Dorsey (basso + voce), Reeves Gabrels (chitarre + voce) e Mark Plati (tastiere + programming), registra e mixa ai Looking Glass Studios di New York alcune fra le sue composizioni favorite (con l’aggiunta della rilettura di White Light/White Heat dei Velvet Underground) dando vita a una scaletta per nulla scontata: The Man Who Sold The World e The Supermen dall’album The Man Who Sold The World; Aladdin Sane dal disco omonimo; Shopping For Girls da Tin Machine II; Lady Stardust da The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars; Repetition da Lodger; Andy Warhol e Quicksand da Hunky Dory. La session viene trasmessa da BBC Radio One l’8 gennaio 1997, giorno del 50° compleanno di David Robert Jones che si concluderà in gloria al Madison Square Garden con il concerto starring Lou Reed, Frank Black, Foo Fighters, Dave Grohl, Robert Smith, Sonic Youth e Billy Corgan.

Amici/seguaci bowiani come coloro i quali – lo stesso Robert Smith (Cure), Brett Anderson (Suede), Ian McCulloch (Echo & the Bunnymen), Scott Walker, Mick Hucknall (Simply Red), Brian Molko (Placebo), Shaun Ryder (Happy Mondays, Black Grape), Damon Albarn (Blur), Neil Tennant (Pet Shop Boys), Bono (U2) – gli fanno telefonicamente gli auguri fra un pezzo e l’altro, rivolgendogli domande in diretta insieme all’intervistatrice Mary Anne Hobbs, giornalista e dj inglese. Naturalmente ChangesNowBowie esclude lo speech (ma potete  rintracciarlo con facilità su YouTube) dando massimo risalto a forse il più repentino fra i changes di Bowie, che a meno di 1 mese dall’uscita di Earthling (3 febbraio 1997), resettando voce e spirito da jungle e drum’n’bass coglie melodicamente – fatta eccezione per il cortocircuito elettrico di White Light/White Heat – l’anima di ogni singolo brano con la carezza persuasiva dell’unplugged.

David Bowie con Lou Reed, Madison Square Garden, 8 gennaio 1997

Sicchè in questi 30 minuti da riascoltare ad libitum, The Man Who Sold The World coglie nel segno di una maiuscola, raffinata essenzialità; Aladdin Sane (cui presta nitida voce Gail Ann Dorsey) si svela in tutta la sua sorprendente purezza; White Light/White Heat non teme di cucirsi addosso un cuore rock-blues; Shopping For Girls, con quella chitarra slide da applausi, è canzone assai più bella dell’originale marchiata Tin Machine; Lady Stardust acquisisce teatralità e un mirabile spessore cantautorale; The Supermen si spoglia da ogni possibile scoria psycho/hippie; Repetition si scrolla di dosso ogni automatismo lodgeriano per intravvedere spiragli country & western; Andy Warhol è più che mai un sentito, chitarristicamente cesellato omaggio al Pope of Pop Art; Quicksand è nuda come non mai, prigioniera della propria ineffabile bellezza.