MC5 e Stooges arrivavano dal Michigan industriale. Velvet Underground e Blue Öyster Cult, leggermente posteriori come esordio, provenivano da New York. Ma tutti insieme sono stati la risposta ai deliri lisergici del Peace & Love californiano. Sia per i Velvet, sia per i BOC, stiamo parlando della NY oscura e degradata fra gli anni 60 e i 70: quella interpretata alla grande da Martin Scorsese in Taxi Driver.
I Blue Öyster Cult sono stati creati dal giornalista Sandy Pearlman, che sentì suonare nel 1967 un gruppo dall’improbabile nome di White Soft Underbelly (bianco soffice ventre). Quando i Black Sabbath si rivelarono in Inghilterra, Pearlman – come manager – decise che la sua band poteva esserne la risposta americana. Nella prima line-up erano già presenti i 3 musicisti chiave dell’epoca d’oro dei BOC: il chitarrista Donald Roeser, il chitarrista/tastierista Allen Lanier e il batterista Albert Bouchard. Il periodo di rodaggio durò non meno di 3 anni, nei quali il gruppo registrò per l’etichetta discografica Elektra ma senza pubblicare nulla. Tuttavia, anche questa fase ebbe dal punto di vista storico la sua importanza: in primo luogo perché entrò nel gruppo il cantante Eric Bloom; poi perché si avvalse anche dei testi del critico e storico del rock Richard Meltzer. La presenza di Pearlman e Meltzer, uomini d’indubbio spessore culturale, ha forse fatto sì che i BOC, mai troppo conosciuti in Italia e altrettanto negli USA, divenissero un gruppo di culto per intellettuali: il fumettista francese Moebius, il regista cinematografico David Cronenberg, il romanziere Stephen King, l’attore Christopher Walken. Furono i 2 mentori a decidere il cambiamento del nome del gruppo in Blue Öyster Cult, offrendo di fatto al pubblico un alone di mistero che non solo potesse rivaleggiare coi Black Sabbath, ma si ponesse in deciso e voluto contrasto con le utopìe californiane, peraltro ormai in crisi, dei primi anni 70.
Testi e musica del 1° Lp, Blue Öyster Cult del 1972, sono quanto di più politicamente scorretto: se gli Steppenwolf con la loro Born To Be Wild, associata alle moto di Easy Rider, avevano sostanzialmente creato l’heavy metal, la prima canzone del disco dei BOC, Transmaniacon MC, parla anch’essa di chopper e poi dell’assassinio di Altamont, di coltelli, barracuda e spiriti islamici; al punto che il pezzo degli Steppenwolf, al confronto, è “roba da educande“. In più la musica è grintosa, possente, tecnicamente ben eseguita. Sulla falsariga viaggiano Stairway To The Stars, dal nervosissimo riff chitarristico e dai versi che paiono una versione gotica e incattivita della Canzone per un’amica di Francesco Guccini; e Cities On Flame: giro prepotente di chitarra sulle note basse, parole d’ispirazione vagamente amorosa. Tuttavia, il vertice lo raggiunge il brano più lirico nella melodia e nell’atmosfera ma non nel testo, The Last Days Of May, che parla di alcuni ragazzi che tentano un affare di droga con chi ne sa più di loro, finendo inevitabilmente ammazzati.
Blue Öyster Cult, 1972
Il quesito sorge spontaneo: non è che i Blue Öyster Cult siano stati “sotterraneamente” gli ispiratori di alcuni dei “culti” musical-cinematografici degli ultimi 50 anni? Stairway To Heaven dei Led Zeppelin è posteriore a Stairway To The Stars e non potrebbe essere che Quentin Tarantino, in una delle scene iniziali di Pulp Fiction con gli ingenui spacciatori che pensano di fare affari con la droga ma finiscono uccisi dai 2 killer, abbia pensato a The Last Days Of May?
Se i BOC sono stati dei precursori, se i discografici avevano intuito le potenzialità di ciò che è “oscuro”, non hanno però mai aggiunto una vera dimensione teatrale alla loro darkness. Non erano insomma degli Alice Cooper: quando si vedono i loro filmati, si vede un normale gruppo rock con i componenti dalle facce tutto sommato banali. La loro potenza è tutta focalizzata sulla musica, senza alcun effetto speciale.
Il 2° album, Tyranny And Mutation del 1973, è ancora migliore. Grazie ad esso i BOC hanno goduto nel marzo 1974 della prima menzione italiana in un articolo apparso sul settimanale Ciao 2001. La prima facciata è bellissima: musica possente, eseguita molto bene, un rock duro ma assai diverso rispetto a quanto si faceva in Inghilterra. I pezzi tecnicamente più difficili sono senza dubbio The Red And The Black e Seven Screaming Dizbuster, ma a rimanere più impressi nella memoria sono l’inquietante O.D.’d On Life Itself e soprattutto 1 fra i più strepitosi brani hard mai concepiti: Hot Rails To Hell. Inizia da qui la collaborazione con la band di Patti Smith, per alcuni anni fidanzata di Allen Lanier. Curiosamente, malgrado la chitarra di Roeser faccia la parte del leone, gran parte delle composizioni si deve al bassista Joe Bouchard e al cantante Eric Bloom.
Tyranny And Mutation, 1973
La sottovalutazione della critica italiana (per motivi politici?) del successivo Secret Treaties (1974), è un evidente esempio di miopìa. Forse perché ci si è soffermati ai titoli di brani come Dominance And Submission o Subhuman, “nazisticamente” inquietanti. Ma se poi si vanno a vedere i testi, si scopre che sono densi di un simbolismo più che nazista direi confuso. Oppure può aver fatto storcere il naso il formidabile rock’n’roll di ME 262 (il titolo s’ispira al 1° caccia a reazione della Luftwaffe) dove si celebra un fantomatico asso dell’aviazione. Tra le righe ci sono Hitler e Goering, ma in realtà è la descrizione di una battaglia aerea dell’aprile 1945 nei cieli della Westfalia. Un testo, tutto sommato, storicamente corretto. Ma quella era un’epoca troppo politicizzata; e lo snobismo dei critici italiani ha perlomeno impedito che i Blue Öyster Cult diventassero (a torto) una bandiera per i fascisti: la loro era un’operazione più estetica che altro, nelle mani di Sandy Pearlman. Molto più reazionari, semmai, i Lynyrd Skynyrd che proprio a metà dei 70 cominciavano a essere ben considerati dalla critica, a dimostrazione che quando si parla di musica le opinioni sarebbe meglio lasciarle da parte. E l’aspetto esteriore talvolta inganna: capelloni e sciamannati i LS, con quell’aria falsamente alternativa. Eppure i testi che scrivevano erano inni alle risse, ai valori (razzisti) del Sud, alla sottomissione della donna.
Secret Treaties, 1974
Senza punti deboli, Secret Treaties ha il suo vertice assoluto in Astronomy, considerato da molti e a ragione l’equivalente per il rock americano di ciò che è stata Stairway To Heaven per il rock britannico. La consacrazione di questa fase è data dal doppio live On Your Feet Or On Your Knees uscito nel 1975: a mio parere fra i 5 album dal vivo più belli della storia del rock. Il messaggio in copertina è inquietante: scritte in caratteri gotici; una limousine scura di fronte a una chiesa (falsamente) gotica; le canzoni che appaiono stampate su un breviario tenuto da 2 mani infilate in guanti di gomma da serial killer. Chiaramente è un’operazione che continua a riproporre i BOC come i Black Sabbath d’oltreoceano. Ma lo voglio ripetere, ciò che manca totalmente è il look.
On Your Feet Or On Your Knees, 1975
On Your Feet Or On Your Knees propone una cover, eseguita a doppia velocità, di Born To Be Wild degli Steppenwolf e 2 virtuosistici inediti: Maserati GT (I Ain’t Got You) e Buck’s Boogie. Ma a migliorarsi sono le versioni dei pezzi in studio: Subhuman appare più lirica, come la versione di The Last Days Of May che riesce a coniugare forza espressiva e capacità commotiva; Cities On Flames era già nata, col suo riff pesantissimo, per essere eseguita dal vivo; assolutamente trascinanti ME 262 e Hot Rails To Hell, dove si può apprezzare appieno la compattezza della band e la simbiosi fra i chitarristi – praticamente 3: Bloom, Lanier e Roeser. Nell’ambito dei gruppi di rock puro, sicuramente fra i primi.
C’è da dire, però, che questo live rappresenta una cesura. Secondo l’agile guida Heavy Metal: I Classici, a cura di Luca Signorelli, questa prima fase è stata l’Inferno dei Blue Öyster Cult a cui doveva seguire un necessario rilassamento. Effettivamente inizia una storia di alti e bassi che dopo essere sembrata morta e sepolta per sempre, è imprevedibilmente risorta nel 2020. Ma questo sarà l’argomento del prossimo capitolo.