Figlio di cotanta madre – ossia di quella British Pop Art che a metà degli anni 50 sviluppò le teorie dell’Independent Group e rese istantaneamente iconica la collettiva This is Tomorrow alla Whitechapel Gallery di LondraAllen Jones s’identifica con ciò che Richard Hamilton pensava fosse l’arte Pop: “Popolare, transitoria, spendibile, a basso costo, prodotta in serie, giovane, spiritosa, sexy, ingannevole, affascinante, un grande affare ”.

Al tempo stesso, però, lo scultore e pittore nato nel 1937 a Southampton si è sempre distinto dai colleghi per il geniale, coraggioso, criticato feticismo delle sue opere fra l’altro “corteggiate ” dal regista Stanley Kubrick che le avrebbe volute (con arroganza, a titolo gratuito) nelle scenografie del Korova Milk Bar di Arancia meccanica (A Clockwork Orange, 1971).

Ovation, 2010

Mentre per Richard Hamilton, Eduardo Paolozzi, Peter Blake, Joe Tilson, Peter Phillips, R.B. Kitaj, Colin Self, David Hockney, Derek Boshier e Patrick Caulfield elaborare arte popular significava attingere dalle immagini pubblicitarie, dalle stelle di Hollywood, dalle strisce a fumetti e dai tascabili pulp, per Allen Jones l’anima della Pop Art U.K. si è sempre svelata al femminile: una pin-up (dai manichini alle sculture, dai dipinti alle grafiche) velleitariamente bondage, irresistibilmente sadomaso, vestita di lattice, in pelle nera, tacchi a stiletto, fiammeggiante make-up.

Va da sé, quindi, che la donna-oggetto esistente, a patto che gli occhi e la mente del voyeur lo desiderino; e il corpo femminile inteso come oggetto di consumo, siano i protagonisti di Forever Icon fino al 17 maggio 2024 alla Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna. Una partnership, quella fra Allen Jones e la storica location, che si rinnova dopo le personali del 1999 e del 2002.

Backdrop, 2016/17

Se a catturare in un battito di ciglia sono gli incandescenti cromatismi e la morbida sensualità delle installazioni intitolate Backdrop e Changing Room, nonché quadri folgoranti come Crescendo e Semi Quiver che inscenano danzanti pas de deux fra i sessi; o ancora Ovation, che coglie l’attimo fuggente di un voyeuristico battimani, a farsi notare in tutto il suo peccaminoso appeal è Cover Story 2/4, la body sculpture con accessori in pelle e supporto in ottone che ha fasciato il corpo di Kate Moss, la modella britannica.

«La lamina metallica del corpo in vetroresina è stato creato nel 1974 per un film che avrei voluto girare», ha dichiarato Allen Jones. «Raccontava di una ragazza che voleva diventare una modella, ma scoprì di avere un problema: ogni volta che si posizionava sotto i riflettori, si trasformava in un uomo. Il suo ragazzo, pur di salvarla, creò un abito-corazza che potesse avvolgerla preservando la sua identità di donna. Quel corpo in vetroresina è rimasto nel mio studio fino ad ora: non l’ho mai venduto come scultura poiché è stato concepito come un oggetto di scena».

Changing Room, 2016
© Maggiore g.a.m. / Allen Jones

Nel 2013 viene dunque proposto al maestro di tramutare Kate Moss in opera d’arte da includere in una mostra da Christie’s, a Londra, a lei dedicata: «Sembrava una missione impossibile fotografare una donna che era già stata ritratta dai migliori fotografi. Mi hanno invitato a viaggiare nel suo mondo della fotografia professionale, anche se lei stava di fatto visitando il mio. Mi sono ricordato della scultura e il risultato è Body Armour, lo scatto realizzato in una piccolissima edizione».

Immagine, questa, che andrebbe ricondotta all’algido bianco e nero anni 70 di Hatstand (Porta cappelli ), anch’esso in mostra, che sprigiona l’impensabile erotismo di una donna/readymade. Griffata A.J.

Allen Jones. Forever Icon
Fino al 17 maggio 2024, Galleria d’Arte Maggiore g.a.m., via D’Azeglio 15, Bologna
tel. 051235843