Un trascorso di tutto rispetto quello dei registi, sceneggiatori e produttori cinematografici Silvia Luzi e Luca Bellino. Esordienti nel 2017 con Il cratere, che si è aggiudicato il Premio Speciale della Giuria al 30° Tokyo Film Festival, si sono anche segnalati come talentuosi documentaristi con La minaccia (2008) e con Dell’arte della guerra (2012).

Marianna Fontana

Luce, il loro nuovo film interamente girato con la tecnica bokeh, per cui tutto ciò che è in secondo piano risulta sfuocato, «è per noi una storia di pelle, di voci e di fatica dove tutto è reale ma non tutto è vero», spiegano. Ambientato in un Sud Italia freddo e montagnoso, racconta la storia di una giovane donna sola (interpretata da Marianna Fontana) che trascorre il tempo fra il lavoro in una conceria di Solofra, in Irpinia, e una ristretta cerchia d’amici, una gatta e una zia che ogni tanto la invita a uscire. Alla Cresima di una parente, il volo di un drone utilizzato per le riprese della cerimonia risveglia in lei l’ossessione di comunicare con il padre detenuto.

Con l’aiuto di un fotografo, riesce a far recapitare con il drone un cellulare all’interno del carcere. Da quel momento, non riesce a pensare ad altro se non alla possibilità di dialogare col padre. Ma quando giunge finalmente la telefonata, per lei non sarà semplice venire a capo dei sentimenti che la turbano e la tormentano. Non solo è tutt’altro che certa di riconoscere la voce paterna (“I padri sono strani. Noi preferiamo diventare fantasmi “, recita al telefono Tommaso Ragno) ma anzitutto non sa come procedere: come fosse tutto un sogno, o forse un incubo, visto che nulla è destinato ad avverarsi. Annaspa, la protagonista, in un mondo che la ritiene estranea; incapace di scorgere la via d’uscita da un’esistenza modesta e monotona.

«Il tumulto interiore prende ad agitarsi in un contesto che la vorrebbe operaia, ignorante e subalterna, inducendola a una scelta malsana alla ricerca di un’assenza e di una voce che diventano vita parallela: forse inventata, o forse più vera del vero», è l’opinione dei 2 registi che si sono affidati alla notevole bravura dell’attrice campana, infaticabile nel reggere con il suo volto e le sue espressioni, come se gli occhi potessero parlare, un film intimo e assai godibile.