Leggenda narra – ed è stata messa in scena nel film di Julian Schnabel del 1996, con David Bowie nei panni di Andy Warhol (1928-1987) e Jeffrey Wright in quelli di Jean-Michel Basquiat (1960-1988) – che il graffitista in modalità homeless abbia incontrato per la prima volta il Pope of Pop in un ristorante di Manhattan mentre quest’ultimo stava pranzando con il curatore d’arte Henry Geldzahler (peraltro “sostituito” nel film dal gallerista zurighese Bruno Bischofberger) e che gli abbia venduto per pochi denari un paio di cartoline dipinte in stile Art Brut. In molti testimoniano (anche se non c’erano) la veridicità dell’episodio, ma Bischofberger ha più volte affermato di aver lui stesso introdotto Warhol a Basquiat e viceversa. Il ristorante c’era, il pranzo anche, si trattava di scattare ai 2 artisti qualche Polaroid per ricavarne magari un ritratto. Ma Jean-Michel è insofferente, sbuffa, dice di non voler restare a tavola, se ne va via all’improvviso con l’istantanea in tasca e dopo 1 ora rieccolo con Dos Cabezas, cioè la Polaroid che si è tramutata in un dipinto kolossal, a posteriori considerato fra i suoi must. Bischofberger ha ricordato che «Andy mi disse: “Oh, sono così geloso!”, io gli chiesi il motivo e lui mi rispose: “Jean-Michel è più veloce di me!”».

Bene, la leggenda di fatto non c’è più ma io voglio intestardirmi su quel Basquiat senzatetto che fa tanto bohémien, dribbla i camerieri del ristorante, riesce finalmente a raggiungere il suo idolo e gli svela la crudezza anatomica della sua arte di strada downtown. Di sicuro, e non ci sono dubbi in proposito, dal 1982 al 1987 Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat si sono frequentati più che assiduamente infischiandosene di chi pensava lo facessero per ragioni di letto e stop. Il loro, semmai, è stato un rapporto per così dire “interessato”: Andy da tempo non aveva più nulla da dipingere se non slavati ritratti su (ricchissima) commissione, era in evidente calo di popolarità e perciò bisognoso di “agganciarsi” a un’arte nuova, al passo con (e magari oltre) i tempi. Jean-Michel, dal canto suo, per potersi imporre all’attenzione degli addetti ai lavori aveva bisogno di un “gancio” come Warhol che gli facesse da passepartout per aprire il gotha dell’arte come una scatoletta di sardine. E fingendo di darsele di santa ragione come 2 pugili, la coppia arriverà nel 1985 a coronare la propria partnership alla Tony Shafrazi Gallery di New York con quei Collaboration Paintings che coinvolgeranno anche Francesco Clemente, artista della Transavanguardia italiana.

Ma c’è un’infinità di altre cose in questa iconic relationship che vale la pena di scoprire: basta sfogliare Warhol on Basquiat, lo strepitoso volume fotografico curato da Michael Dayton Hermann (dal 2005 responsabile del settore licenze alla Andy Warhol Foundation for the Visual Arts) che raccoglie centinaia di scatti fotografici in bianco e nero, perlopiù inediti, il cui scopo è ritrarre voyeuristicamente Basquiat in solitudine, insieme a Warhol, circondato da icone della Big Apple anni 80 quali Madonna, Grace Jones, Keith Haring, Kenny Scharf, Yoko Ono, Bianca Jagger, John Lurie, Jim Jarmush, Julian Schnabel e Liza Minnelli. Un Basquiat nudo, sgualcito, griffato Armani. Dress for Success. Fotografie selezionate dall’archivio di 130.000 negativi e 3.600 stampe che la Andy Warhol Foundation ha donato nel 2014 al Cantor Arts Center della Stansford University.

Idealmente strutturato come una delle 610 Time Capsules che Warhol ha riempito da collezionista compulsivo qual era d’immagini, ritagli, biglietti, cartoline, oggetti ordinari e straordinari, queste 312 pagine iper affollate ci offrono la complessa quotidianità dentro e fuori dall’arte di un disorientato, malinconico, sorridente, perplesso, strafottente Basquiat sempre e comunque “spiato” dall’occhio vigile, superficiale, gossipparo di Warhol. E che l’effetto finale di Warhol on Basquiat sia dirompente lo dimostrano, accanto a ogni serie di scatti, frasi estrapolate da quei Diaries che Andy dettava al telefono a una certa ora della mattina, tutte le sante mattine, alla fidata segretaria Pat Hackett. Espressioni, locuzioni, dichiarazioni warholiane che ci raccontano il toccante, opportunistico, sardonico rapporto fra 2 stelle indiscusse del 20° secolo. E da Andy a Jean-Michel, spicca una frase su tutte: “Ha paura di essere solo un fuoco di paglia, ma io gli ho detto di non preoccuparsi: non lo sarà”. Ci ha azzeccato in pieno.

Michael Dayton Hermann, Warhol on Basquiat. The Iconic Relationship Told in Andy Warhol’s Words and Pictures, Taschen, 312 pagine, € 50

Foto: Jean-Michel Basquiat and Andy Warhol at The Rockefeller Center, September 19, 1985
Together in Andy’s studio, August 15, 1983
Andy and Jean-Michel painting Problems at Andy’s studio at 860 Broadway, March 27, 1984
Basquiat in a Milan hotel room, 1983
© The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc.
© 2019 Taschen