Walter Becker è sempre più schiavo dell’eroina e la sua compagna, Karen Stanley, viene trovata morta per overdose nel loro appartamento. Mentre Donald Fagen cerca disperatamente di organizzare il lavoro in studio per il prossimo disco, Walter scivola rapidamente nell’abisso. Donald, i cui unici vizi sono le sigarette Marlboro e il gin tonic, non concepisce che il suo sodale si stia rovinando l’esistenza con le sue stesse mani, ma non lo abbandona; e neppure quando Walter viene investito sotto casa da un taxi e rischia l’amputazione della gamba destra, rinuncia a comporre e a portare avanti il lavoro per quello che sarà l’ellepì Gaucho. Che viene pubblicato nel 1980 e benchè venda molto bene sancisce la fine del sodalizio.

È un album formidabile, che spinge ulteriormente in là la ricerca e le sonorità raffinate, eleganti, sontuose dei 2 vecchi compagni di college. La title track è firmata nientemeno che con Keith Jarrett. Ma non si tratta di una collaborazione: il suo nome, fra gli autori, è il seguito di un’azione legale che il pianista americano intenta a Fagen: l’introduzione del pezzo, si sostiene, è copiata dalla linea melodica di Long As You’re Living Yours, che compare nel suo album Belonging. Il disco costerà più di 1.000.000 di $. Di fatto, è la fine degli Steely Dan.

A questo punto, Donald incide a suo nome l’ennesimo capolavoro, quel The Nightfly (1982) che meriterebbe un saggio approfondito. Musicisti quali Jeff Porcaro, i fratelli Brecker, Michael Omartian, Larry Carlton, Marcus Miller… I migliori sessionmen statunitensi aderiscono a questo gioiello di poesia, ironia, genio, dolcezza, humour, vita reale tradotta in canzone. A cominciare dalla fotografia in copertina, tutto rasenta la perfezione. Brani come The Nightfly, I.G.Y., New Frontier, Maxine, Green Flower Street fanno ormai parte del nostro immaginario collettivo; ma ritrovarli tutti in un unico disco, oggi sarebbe impensabile. All’epoca, invece, Donald Fagen costruì l’Lp con una meticolosità certosina, con una professionalità e una dedizione non comuni. Non è un caso che The Nightfly sia stato votato il miglior album di canzoni americane del 20° secolo!

Da allora Donald ha pubblicato altri 3 dischi, ognuno diverso dal precedente, che racconta una storia ben precisa, ha una sua ambientazione, un suo mood. Se Kamakiriad (1993) è il probabile futuro improntato sull’utilizzo smodato della tecnologia, Morph The Cat (2006) è il riprendersi la vita e saper godere, nel proprio appartamento, delle piccole gioie quotidiane, mentre Sunken Condos (2012) getta uno sguardo distaccato, sarcastico, acidamente ironico sui nostri tempi.

A questi album unite pure il singolo Century’s End (1988) – da Bright Lights, Big City, colonna sonora del film tratto dall’omonimo romanzo di Jay McInerney – e il gioco è fatto. Anche Walter Becker pubblicherà 2 album solisti, 11 Tracks Of Whack (1994) e Circus Money (2008), ma non siamo certo ai livelli  fageniani.

Walter Becker e Donald Fagen al Pori Jazz Festival finlandese, 2007

Ma il destino, si sa, concede sempre una seconda chance. Walter e Donald tornano a lavorare insieme dopo divorzi, disintossicazioni, crisi creative, carriere soliste, improvvise illuminazioni: nel 1993 assemblano una band formata dai migliori jazzisti americani: Peter Erskine alla batteria, Warren Bernhardt al pianoforte e tastiere, Tom Barney al basso, Chris Potter e Bob Sheppard ai sassofoni (solo per citarne alcuni) e partono in tour. Esiste un notevole bootleg (in realtà sono 4: 3 a nome Steely Dan, 1 a nome Donald Fagen) intitolato Live 1993, che documenta gli straordinari concerti. Da questa tournée e dalla successiva del 1994, in cui Erskine viene sostituito dal vigoroso Dennis Chambers alla batteria, è tratto il materiale che comparirà in Alive In America (1995), il 1° disco dal vivo ufficiale, dalla grande forza evocativa, del gruppo.

Per il nuovo lavoro in studio bisognerà invece attendere il 2000 (20 anni esatti da Gaucho) per lo splendido Two Against Nature, ennesima prova di classe e di maestrìa da parte dei 2 “ragazzi terribili del Bard College”. Brani as usual impeccabili, ironia profusa a piene mani, arrangiamenti sontuosi, parti vocali impegnative e mai banali… In breve, la “ricetta Dan” impreziosita dall’attualità. Su tutti, merita approfonditi ascolti Cousin Dupree. Il 2003 è l’anno dell’ultimo atto ufficiale degli Steely Dan, intitolato Everything Must Go, che nulla aggiunge al mito che Walter e Donald hanno creato.

Il 3 settembre 2017, a New York, Walter Becker viene a mancare dopo una lunga malattia e Fagen gli rende omaggio riprendendo ad andare in tournée e riproponendo il repertorio. È straordinario notare come (a seconda dei musicisti coinvolti) cambino gli arrangiamenti, l’interpretazione, la stessa intonazione vocale di Donald. Come vi ho anticipato, esistono varie incisioni live non ufficiali che danno l’opportunità di mettere a fuoco le differenti versioni dei pezzi e la loro interpretazione.

Da qualche anno, ad esempio, il batterista prescelto da Fagen è Keith Carlock, raffinatissimo jazzista che si è fatto le ossa nel trio con Wayne Krantz e Tim Lefevbre, quindi musicista votato alla sperimentazione. Se avete voglia, vi suggerisco un esercizio: prendete un brano qualsiasi dal loro repertorio e ascoltate le diverse versioni dal vivo. Noterete differenze abissali, se alla batteria c’è Ricky Lawson al posto di Carlock, oppure se la sezione fiati è composta da 3 sassofonisti anzichè da 2 sax, tromba (Michael Leonhart, ormai alter ego di Fagen e pregevole produttore) e trombone; se le vocalist sono 2 o 3 e se nell’organico c’è un vibrafonista. Noterete come lo stesso pezzo possa risultare “altro” pur mantenendo intatta la linea melodica, quando a manovrare il tutto è un genio assoluto come Donald Fagen.

Il prossimo 24 settembre su Cd e il 1° ottobre in versione Lp, la Universal Music pubblicherà 2 album dal vivo: Northeast Corridor: Steely Dan Live!, registrato nel 2019 tra New York, Filadelfia e Boston; e Donald Fagen’s The Nightfly Live. Avremo quindi modo di riparlare di questi colossi della musica contemporanea, delle loro canzoni eterne, dei loro testi immortali, dei loro geniali arrangiamenti… Perché, ce lo hanno insegnato gli Steely Dan, la musica non è altro che Reelin’ In The Years!