Possedere un autentico talento da narratore realista è una dote non molto comune. Per lo meno non così comune come si potrebbe pensare, considerando il numero comunque eccessivo di romanzi che vengono pubblicati ogni anno. Sergio Cioncolini possiede sicuramente questa dote: ha sempre saputo cogliere il frutto delle sue esperienze di vita e trasformarle in storie che possono appartenere al quotidiano di ogni lettore. Forse il suo primo segreto, per evitare il rischio della banalità, sta nell’introdurre qualcosa di sorprendente nello sviluppo della vicenda. Tuttavia, stavolta la sorpresa non s’inserisce in un punto qualsiasi della narrazione ma piuttosto l’avvolge nel suo intero, fino a trasformarsi in un enigma che forse (ma non è certo) viene risolto nelle ultime pagine.
L’intera vicenda di Vacanza di sangue si svolge in una piccola località marina del Ponente Ligure e il protagonista narratore che è avanti con gli anni cerca di godersi un soggiorno senza troppe pretese: bazzica il bar-ristorante del cordiale Giovanni, si garantisce la sua buona cucina e coltiva un’amicizia femminile che potrebbe diventare qualcosa di più. Le sue giornate trascorrono soprattutto al bar, frequentato da un gruppo di pensionati “fancazzisti” che giocano a carte e da uno strano professore in pensione, soprannominato Strappacapelli, che intrattiene il suo scarso pubblico parlando del gabbiano che nutre da quando era piccolo. L’arrivo dell’adolescente Maurizia, nipote del proprietario, spezza il tran tran del locale: ben presto vengono notate le ambigue attenzioni che il professore mostra per la ragazza. Si crea un clima di allarme che preannuncia qualcosa di tragico.
Al di là dello svolgersi degli avvenimenti, emerge dalla stessa scrittura di Cioncolini un clima vagamente surreale per una tranquilla vacanza al mare. Tutti i personaggi, da quelli principali a quelli di contorno, sono in fin dei conti dei solitari. Sembra quasi una località specializzata in vacanze per solitari. Pur essendo un lavoro concepito e scritto prima del covid-19, c’è una rassegna di vite sospese e distanziate, come un presentimento di una misteriosa pestilenza imminente. E qui sta forse l’enigma che scorre come un fiume carsico sotto l’intera narrazione. Nelle ultime pagine del libro riaffiorano alla mente del protagonista ricordi lontani della sua adolescenza. E al lettore viene un dubbio: è tutto un sogno? Non solo queste ultime pagine, ma tutta la storia è la rielaborazione di un sogno – o meglio – di un incubo? Forse sì, forse no. Perché in fondo non c’è una grande distanza fra sognare e raccontare storie.
Sergio Cioncolini, Vacanza di sangue, Edizioni Pendragon, 125 pagine, € 15