Se ne sta, quatto quatto, fra quel Préliminaires del 2009 ispirato dal romanziere francese Michelle Houellebecq e il rock goloso/spigoloso di Post Pop Depression del 2016, giocato d’astuzia con Josh Homme dei Queens of the Stone Age. Tra febbraio 2010 e giugno 2011, Iggy Pop incide a Los Angeles, Miami e San Rafael il suo album di cover in parte cantate in francese. Sta diventando, per l’Iguana, un godurioso vezzo da quando fra i solchi di Préliminaires è riuscito a infilare una Les Feuilles Mortes dal crooning vellutato.

D’altronde, strizzare l’occhio oltralpe gli giova da sempre, corroborato com’è da moltitudini di fans parigini ma non solo. Il disco, intitolato Après, viene però cestinato dai “soloni ” della Virgin EMI Records «che avrebbero preferito incidessi un album rock, invitando magari qualche storico nome del punk», dichiara Iggy, aggiungendo che «non pensavano ci avrebbero guadagnato e tantomeno che sarebbe piaciuto a chi mi segue».

La prima versione di Après (2012)

Pubblicato il 9 maggio 2012 in un numero limitato di copie e distribuito attraverso i canali e-commerce della società francese vente-privee.com (oggi Veepee), Après riscuote ampi consensi per il garbo e la spontaneità con cui il rocker statunitense smette gli abituali furori per accarezzare da crooner navigato brani giudicati – ma anzitutto “vissuti ” – come standard. 10 evergreen da (ri)apprezzare fino all’ultima nota, ora che questo album viene rilanciato in occasione del decennale con una copertina differente (un Iggy Pop a fumetti incoronato e incorniciato da un manipolo di chansonnier, jazzisti, pittori, commedianti, clown e flaneur, anziché la foto che lo ritraeva biancovestito nei panni di La Conscience nel film circense L’Étoile du Jour di Sophie Blondy) e con il vantaggio di 1 canzone in più: La Belle Vie, registrata a dicembre 2021, portata al successo nel 1964 da Sacha Distel e da Iggy “cohenianamente” recitata con accompagnamento d’arpa e pianoforte.

Scrive l’Iguana in coda all’introduzione che accompagna il disco: “Molte di queste canzoni sono in francese, probabilmente perché è la cultura francese che ha resistito più ostinatamente agli attacchi mortali della macchina musicale anglo-americana ”. E forse non è un caso se Après si svela nel modo più genuinamente melodico con la sottovalutata Et Si Tu N’Existais Pas (1976), musica di Toto Cutugno e Pasquale Losito, parole di Vito Pallavicini, per poi centellinare La Javanaise (Serge Gainsbourg, 1962); far decantare una Vie En Rose (Edith Piaf, 1946) “basata sulla versione di Louis Armstrong, che per me rappresenta l’unica specie di groove possibile”, annota Iggy; catturare Syracuse di Henri Salvador (1962) e sublimare per voce, basso e chitarra (di Hal Cragin) Les Passantes di George Brassens (1972).

Iggy Pop in una sequenza del film L’Étoile du Jour

E dopo aver metabolizzato una Everybody’s Talkin’ resa popolare nel 1969 da Harry Nilsson e tratta dalla colonna sonora del film Midnight Cowboy di John Schlesinger (“Ma ho preferito rifarmi alla versione del suo autore, Fred Neil ”); I’m Going Smiling di Yoko Ono (“Mi è capitato di ascoltarla in un concerto a Hollywood, cantata dall’attore Vincent Gallo e accompagnata da Sean Lennon alla chitarra”); What Is This Thing Called Love? (1929) di Cole Porter (“Adoro questa melodia e spero di averla cantata bene, complice l’assolo di trombone di Tim Ouimette: una vera delizia, per me”); Michelle di John Lennon & Paul McCartney (“Ogni volta che l’ascolto e la interpreto, m’immagino la ragazza del titolo”) e Only The Lonely (1958) di James Van Heusen & Sammy Cohn (“L’ho apprezzata soprattutto da Frank Sinatra ed è sempre la mia favorita”), ben comprendiamo Bob Dylan che nel 2012, rispondendo a Bill Flanagan che gli aveva chiesto quale buon disco avesse ultimamente ascoltato, ha menzionato senza indugio alcuno Après, by Iggy Pop.