S’intitola senza inutili giri di parole Opere 1958-1988 ed è la migliore possibile, la più coinvolgente, la meglio allestita e ragionata retrospettiva dedicata a Franco Angeli (1935-1988). “Bello e dannato” all’unisono con Mario Schifano e Tano Festa nella cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo, è in cartellone con 74 opere provenienti da collezioni private fino al 2 aprile 2023 al WeGil di Roma, ex Casa della Gioventù Italiana del Littorio e ora hub culturale fra i più apprezzati. Nel fulgore razionalista di questo edificio progettato nel 1933 dall’architetto Luigi Moretti, ha modo di delinearsi il percorso antologico del pittore nato nel 1935 nel quartiere di San Lorenzo: dal debutto Astratto-Informale al Figurativo, fino al Geometrico e al Metafisico.
“Creare un filtro, un diaframma fra 2 realtà: quella della memoria e quella della coscienza”, scrive Angeli agli inizi della sua carriera. “In termini pittorici ottenevo, insomma, la materia e allo stesso tempo il rifiuto della materia ”.
Sul finire degli anni 50, fino alla metà dei 60, cupi monocromi metabolizzano l’Informale materico di Alberto Burri. Ma al posto dei sacchi utilizzati dall’artista di Città di Castello, Franco Angeli crea sulla tela velature applicando di volta in volta garze, tulle e calze di nylon con il preciso intento di stemperare la materia rendendo intelligibili, in trasparenza, ipotetiche forme. A prendere lentamente corpo, quindi, sono i contorni di un’aquila e il nebbioso accostarsi della falce e del martello.
“I miei primi quadri sono la testimonianza del contatto quotidiano con la strada. Vidi i Ruderi, le Lapidi, simboli antichi e moderni come l’Aquila, la Svastica, la Falce e Martello, obelischi, statue, Lupe Romane sprigionare l’energia sufficiente per affrontare l’avventura pittorica ”.
Senza titolo, metà anni 70, courtesy Galleria Marchetti, Roma
Rapportandosi culturalmente e ideologicamente ai simboli e alle icone del passato, Angeli supera l’Informale, abbraccia forme, figure e nel 1964 partecipa (con Schifano e Festa) alla XXXII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia dove incrocia la Pop Art e il New Dada americani di Claes Oldenburg, di Jim Dine, di Jasper Johns e del vincitore del Gran Premio alla pittura, Robert Rauschenberg.
“Gli americani avevano inventato questa cosa anche ridicola: la Pop Art”, scriverà, mettendo una volta per tutte in chiaro che “io sono in grado di affermare di non aver mai dipinto un quadro nello spirito della Pop Art ”.
Eppure, non possiamo né dobbiamo trascurare il fatto che proprio lui abbia veicolato come soggetto principe dei suoi quadri (scomposta, raddoppiata, moltiplicata e deflagrata, la ritroviamo mattatrice indiscussa di questa mostra) l’aquila americana effigiata sul retro dell’half dollar, serialmente ripetuta a simbolo del potere da contrastare a ogni costo ma contemporaneamente resa Pop (nel senso di popular) né più né meno delle Campbell’s Soup Cans tanto care a Andy Warhol.
Ma anche altri soggetti come la lupa capitolina (definita più volte Souvenir), falce e martello (intitolati Fiore partigiano) e i Simboli (esplosivo mix di aquile, aerei, lupe, svastiche, croci, stelle, numeri) meriterebbero di essere annoverati fra i gioielli di un’Arte Pop Italiana còlta e impegnata contrapposta alla Pop Art “a stelle e strisce” dell’iper consumismo (Tano Festa, al proposito, non mancò di annotare: “Mi dispiace per gli americani che hanno così poca storia alle spalle, ma per un artista romano e per di più vissuto a un tiro di schioppo dalle Mura Vaticane popular è la Cappella Sistina, vero marchio del made in Italy”).
Grande ala spezzata, 1964-72, collezione privata, Terni
Volgendo ancora lo sguardo al passato, negli anni 70 e 80 Franco Angeli imprime con la vernice a spray (anticipando di gran lunga il graffitismo di Banksy) i suoi souvenir e i suoi frammenti sulle pagine di Lotta Continua, mentre su tela è un continuo avvilupparsi di aeroplani a imperitura memoria del bombardamento americano su San Lorenzo del 19 luglio 1943, nonché un geometrico alternarsi di Piramidi, Obelischi e Ruderi dalle metafisiche suggestioni. Fino al termine degli anni 80, quando a palesarsi è la figura di una marionetta/autoritratto, in balìa degli imperscrutabili fili del destino, protagonista del collage Orientale, dell’ennesimo Souvenir e di Zona Cesarini, probabile preludio alla fase finale di una tormentata esistenza.
“Fare una scelta. Non c’è fretta, e se i miei quadri vorranno dimostrare qualcosa si vedrà, ma non vorrei essere io a dirlo. Per oggi le cose che volevo dire non sono registrate qui, ma spero che restino incise ed evidenti nell’ultimo pezzo di tela che mi ha dato modo, o forse soltanto la sensazione, di fissarle ”.
Souvenir, metà anni 80, collezione privata, Roma
© Eleonora Tarantino
Franco Angeli
Opere 1958-1988
Fino al 2 aprile 2023, WeGil, largo Ascianghi 5, Roma
tel. 3346841506
Catalogo Grafiche Turato Edizioni, € 15
LO SPAZIO INQUIETO
Prodotto da Luce Cinecittà, presentato al Festival di Torino e diretto dall’omonimo nipote di Franco Angeli, il documentario intitolato Lo spazio inquieto ripercorre la vita e la carriera dell’artista romano avvalendosi di materiali inediti, filmati, fotografie, dipinti. Non mancano, inoltre, i suoi blitz nel cinema sperimentale, gli amici Mario Schifano e Tano Festa, il rapporto conflittuale con il Partito Comunista Italiano, le testimonianze preziose di suo fratello Otello, sua figlia Maria, la moglie Livia, l’amico regista Marco Bellocchio, critici e storici dell’arte.