Paradiso.
Ufficio direzione:
the Boss is in.
Saturni angelo Minervio (cherubino di seconda classe, livello C, in attesa di promozione) stava impalato sull’attenti dinanzi alla scrivania del Boss. L’arcangelo Gabriele invece, con fare disinvolto, si appoggiava allo schienale di una poltrona, su cui era adagiato lo spirito di Noè.
Il Signore, assiso nel trono dei cieli e col gomito sinistro in equilibrio sul piano della scrivania, sonnecchiava oziosamente, assestando di tanto in tanto la guancia sulla mano. Ogni cinque o sei minuti si svegliava e, accigliato, iniziava a tamburellare nervosamente sulla scrivania le dita della mano destra; guardava per qualche istante la poltrona su cui giaceva Noè, ancora sborniato di secoli, e vedendo che non accennava a riprendersi, si riaddormentava meccanicamente.
A destra della scrivania, in un bel seggiolone etereo, sedeva il Bambin Gesù che, tutto roseo e pacioccone, si guardava intento la palma della mano sinistra dove, in celeste e gradevole armonia, si stendevano e interminabilmente ruotavano i pianeti, i sistemi solari, le galassie dell’universo. E sì, tutto il cosmo era là: nella manina grassottella del Bambin Gesù, che con ditate sapienti, quando ce n’era bisogno, imprimeva nuova energia a un pianeta che si stava per fermare o rimetteva a posto una legge fisica che se ne voleva andare per fatti suoi.
(Proprio da quell’enorme mano di bambino piccolo erano usciti poco prima i due angeli acchiappafantasmi, che, dopo esser saltati fuori dal cosmo col voluminoso spirito di Noè, eran stati ingranditi alle giuste dimensioni da un miracolo divino).
A sinistra della scrivania lo Spirito Santo saltabeccava, in forma di colomba, su un grazioso trespolo adornato con fronde d’ulivo.
Quel giorno si limitò a girare di scatto la testina in su e in giù, ma bisogna sapere che di solito, a un cenno del Boss, lo Spirito Santo si alza in volo e, puntellandosi delicatamente sul polso del Bambin Gesù, decreta la fine di uno o due mondi, di una o due umanità, sporgendo il capino fino a beccare dalla mano cosmica, come fossero grani di miglio, i pianetini che non servono più.
Il Signore, finalmente stanco di dormicchiare, si stiracchiò con un fragoroso sbadiglio. Poi, sorridendo all’arcangelo Gabriele e all’immobile Saturni, esclamò: “Beh ragazzi, mi sembra inutile star qui come allocchi! Mentre apettiamo che quest’imbambolato si decida a svegliarsi, perché non creiamo qualche bella animuccia, eh?”.
L’arcangelo (nauseato all’idea di ritrovarsi fra i piedi altre anime bisbetiche da recuperare dopo la morte) trattenne a stento una smorfia di disgusto. Deciso a evitare quella creazione e a sviare il Signore dal malsano intento, chiese, fingendo interesse e indicando la poltrona sotto di sé: “Ehi Boss, ma allora questo è proprio il vero Noè?”.
“Sicuro Archie*: Noè in persona!”.
Vedendo l’amichevolezza del Boss, Saturni angelo Minervio osò farsi coraggio: “E Vostra Santità” – domandò impacciato – “non potrebbe anche rivelarci come mai abbia chiamato soltanto ora l’anima di quest’uomo al cospetto della Grazia Vostra?”.
“Con chi parli, ragazzo?” – s’informò il Signore – “Vedi i fantasmi? Vostra Grazia, Vostra Santità… e dove sono??” – si guardò intorno, celiando un comico stupore; e fingendo di cercare spaventato in ogni angolo dell’ufficio, lanciava urletti come: “Aiuto, i fantasmi! Dove sono i fantasmi?”.
Poi, tornando serio, s’avvicinò al povero Saturni contrito e disorientato: “Senti ragazzo… ” – gli disse – “quando parli con me, lascia stare il linguaggio dantesco, capito?… E chiamami pure Boss!”.
Gli batté una mano sulla spalla e, iniziando a camminare su e giù per l’ufficio, commentò: “Dunque ragazzo, sei curioso di sapere tutta la storia di Noè, vero? … E tu, Archie?” – continuò, dopo un attimo di silenzio, fermandosi a fissare l’arcangelo – “Sei curioso anche tu?”.
Gabriele annuì vagamente, stavolta senza nemmeno curarsi di simular interesse (capiva che il Boss avrebbe comunque raccontato, indipendentemente dalla sua risposta).
Il Signore, intanto, non poté fare a meno di sorridere con affettuosa malizia perché, guardandolo negli occhi, aveva intuito perfettamente i pensieri dell’arcangelo: “Ah, per me” – sembrava dire Gabriele – “a patto che non si parli di creare, va bene anche una partita a scopone con Satanasso… ”.
Raggiungendo la scrivania, il Boss approfittò per fare il ganascino al Bambin Gesù, sempre impegnato a giocherellare con la sua manina-manona. Poi, assiso nuovamente sul trono dei cieli, sospirò, si schiarì la voce e, arrossendo un pochino, confessò: “Ragazzi, ad essere sincero io non avevo intenzione di raccontare questa storia, perché… me ne vergogno, ecco!… ” – sorrise imbarazzato – “Però mi rendo conto che certi pudori non son degni di un Boss e allora… allora d’accordo, vi dirò tutto… ”.
* Disinvolta abbreviazione della parola “arcangelo”
© Pietro Pancamo
Poeta, novelliere, editor professionista, Pietro Pancamo è nato a Cuneo nel 1972. Suoi testi sono apparsi sul Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, la Repubblica, La Stampa, Poesia (Crocetti Editore), Atelier, Gradiva, Poetarum silva, Carmilla, Il Ridotto, Il Paradiso degli Orchi, FantasyMagazine, IF. Insolito & Fantastico, Vibrisse, El Ghibli, Cronache letterarie, Scriptamanent (Rubbettino Editore), Suite Italiana, Diogen (rivista di Sarajevo, fra le più importanti d’Europa). Cura la sezione poesia del mensile italo-olandese Il Cofanetto Magico, conduce la rubrica letteraria (Pod)cast away su Maratea Web Radio. Oltre ad aver fondato e diretto il portale culturale L(‘)abile traccia (citato nel 2007 in un volume della Zanichelli), è stato direttore editoriale della rivista internazionale Niederngasse, caporedattore per la poesia dell’e-zine Progetto Babele, redattore di Viadellebelledonne (blog letterario fra i più seguiti in Italia).