Se gli dei del rock fossero meno capricciosi e il grande pubblico meno distratto, oggi il 2° album degli Spooky Tooth, Spooky Two, sarebbe universalmente considerato un classico. Sono passati 56 anni da quando uscì nei negozi, in quel marzo del 1969, e ancora li si ascolta tutti d’un fiato questi 38 minuti scarsi di musica (la durata giusta di 1 album che voglia tenere viva senza flessioni la soglia di attenzione dell’ascoltatore), chiedendosi che cosa non abbia funzionato. Che cosa non abbia permesso allora al gruppo di sfondare, nonostante la qualità della sua proposta e l’appoggio di un’etichetta agguerrita, spregiudicata e dinamica come la Island di Chris Blackwell.
Perché in Spooky Two ci trovi un po’ di Yardbirds e un po’ di Traffic; un po’ di Joe Cocker con la Grease Band; un po’ di Procol Harum e un po’ di Humble Pie (in cui confluirà poco dopo il bassista Greg Ridley). Ma senza alcuna pianificazione, senza calcoli a tavolino. Senza scopiazzature e con una buona dose d’originalità grazie anche all’assetto particolare del quintetto, fra i pochi gruppi dell’epoca, insieme agli stessi Procol Harum e a The Band, a poter contare su 2 ottimi tastieristi, in questo caso anche eccellenti cantanti: l’inglese Mike Harrison, originario della cittadina nordica di Carlisle dove l’ensemble era nato con il nome di V.I.P.’s prima di farsi chiamare provvisoriamente Art; e lo statunitense – di Cresskill, New Jersey – Gary Wright, da bambino attore a Broadway, poi studente di psicologia e in seguito stretto collaboratore di un altro e più celebre Harrison, il George dei Beatles.
Spooky Tooth
Fu di Blackwell l’idea d’ingaggiarlo, prima del 2° Lp, in un gruppo piuttosto carente nella scrittura di canzoni: «Ma che vada affanculo! Non vogliamo nessuno yankee nella band, siamo inglesi», fu la prima reazione degli altri come ha raccontato tempo fa il chitarrista Luther Grosvenor a Rob Hughes di Classic Rock. Aveva ragione Blackwell, comunque. E dopo le prime prove tutti ne presero atto. Siccome poi la Island di allora era una grande famiglia in cui tutti si conoscevano frequentando gli stessi luoghi negli stessi momenti, durante le session di registrazione che si tennero a Londra fra gli studi Morgan, Island e Olympic a cavallo tra la fine del 1968 e gli inizi del 1969 finirono per dare una mano — non accreditati — ospiti di serie A come Steve Winwood e Dave Mason dei Traffic (il 1° al pianoforte in I’ve Got Enough Heartaches, il 2° alla chitarra acustica in That Was Only Yesterday) mentre Joe Cocker registrò i suoi backing vocals per Feelin’ Bad a Los Angeles, insieme alle coriste Sue and Sunny con cui aveva inciso With A Little Help From My Friends.
Il clavicembalo elettrico di Harrison e l’organo di Wright, il timbro vocale abrasivo del 1° e il falsetto del 2°, garantivano un impasto sonoro particolare e di grande impatto a un pezzo come Evil Woman firmato dall’hit maker americano Larry Weiss (che aveva scritto Rhinestone Cowboy di Glen Campbell e contribuito a Hi Ho Silver Lining di Jeff Beck), turbinoso tour de force di 9 minuti con un riff hard rock che sarebbe piaciuto ai Black Sabbath (anche se non aveva nulla a che fare con il pezzo omonimo incluso nel loro 1° album), raffiche impetuose di Hammond e un assolo bluesato in cui Grosvenor — in seguito nei Mott The Hoople con lo pseudonimo di Ariel Bender — mostrava credenziali da guitar hero in grado di non sfigurare al cospetto di Beck o di Tony Iommi.
Grande performance e sound potente, ricco di echi spettrali: un marchio di fabbrica del produttore americano Jimmy Miller, che con gli Spooky Tooth aveva già lavorato all’album di debutto mettendo nel frattempo lo zampino anche sul 2° Lp omonimo dei Traffic e su Beggars Banquet dei Rolling Stones. Assistito da un fonico altrettanto giovane, rinomato e capace come Andy Johns era (come ha poi ricordato il batterista Mike Kellie) un grande motivatore, un mental trainer capace di trasmettere entusiasmo, instillare fiducia e tirare fuori il meglio dai musicisti in studio. Un intreccio spesso e robusto di tastiere e chitarra, un riff incalzante e metallico e una sezione ritmica agile e puntuale erano anche gli ingredienti di Better By You, Better Than Me, che con altre 3 canzoni firmate dal solo Wright occupava la seconda facciata dell’Lp. Diventò anni dopo la croce e delizia dei Judas Priest: una cover di successo, nel 1978, ma che nel 1990 costò alla band heavy metal di Birmingham l’accusa di avere istigato, con presunti messaggi subliminali presenti nella registrazione, il suicidio di 2 ragazzi in Nevada (il processo si chiuse poi con un’archiviazione del caso).
C’erano angeli e demoni, il diavolo e l’acqua santa, nella musica degli Spooky Tooth. Con una forte componente di blues e di gospel (laico): nel coro di Feelin’ Bad, che con la sua intro di chitarra acustica e il suo pianoforte aveva un forte sapore di Traffic (anche se la voce da shouter di Harrison era più scura e grintosa di quella di Winwood) e che per il resto sembrava anticipare i Mad Dogs & Englishmen di Cocker come il Tumbleweed Connection di Elton John; nella struttura quasi canonica di I’ve Got Enough Heartaches così come fra le vaghe reminiscenze cinematografiche e western di Hangman Hang My Shell On A Tree.
L’amore per la black music coltivato dagli Spooky Tooth, del resto, era evidente fin dall’iniziale Waitin’ For The Wind in cui la lunga introduzione di batteria con voci in sottofondo (un’idea di Miller) dava l’impressione di assistere a una jam di studio, prima che gli accordi d’organo e la voce di Harrison lo trasformassero in un soul rock elettrico ad alto voltaggio. Come scrive Hughes, quel pezzo “attaccava a testa bassa e ruggiva ” come se a suonarlo fossero dei Procol Harum “più infidi e pericolosi ”. «Jimmy era una gran bella persona e gli piaceva sempre mettere nei dischi un po’ di percussioni dato che prima di diventare un produttore era stato un batterista», ha ricordato Kellie – unico dei 5 ancora in vita – al giornalista Chris Welch. «Gary Wright l’aveva conosciuto negli States ed era un personaggio alla Alfred Hitchcock. Anche Jimmy prima o poi faceva la comparsa nei suoi album, battendo le mani da qualche parte o suonando un po’ di percussioni».
Lost In My Dream, onirica come da titolo, era il pezzo più psichedelico e “prog ”, notturno e labirintico del disco, con un umore vagamente sinistro non troppo distante dalle atmosfere delle zeppeliniane e contemporanee Dazed And Confused e How Many More Times, una melodia spagnoleggiante e la batteria che a un certo punto si lanciava in un tempo da bolero. That Was Only Yesterday era invece la canzone più orecchiabile e amata dai fans: un ibrido fra rhythm & blues e country & western in cui si combinavano piano, chitarra acustica, un’elettrica dalle sonorità lap steel e una suggestiva armonica. Fu quel brano a diventare una hit radiofonica in Germania e a spingere l’album nelle classifiche tedesche.
I risultati furono discreti anche in altri Paesi europei, meno eclatanti nel Regno Unito a dispetto dell’appoggio del dj della BBC John Peel e negli Stati Uniti dove l’Lp uscì 5 mesi dopo, nell’agosto 1969, in licenza su etichetta A&M affacciandosi fugacemente nella Top 50. Torniamo alla domanda iniziale: perché? «Non so dirti il motivo per cui non avemmo dei successi», ha risposto Kellie durante la sua intervista a Classic Rock, «ma credo che fossimo i peggiori nemici di noi stessi. Non ci siamo mai venuti incontro. Una visione aziendale è essenziale quando in un’impresa sono coinvolte più persone e noi quell’approccio non ce l’avevamo, né avevamo un atteggiamento sensato. A volte ci voleva un bello schiaffo in faccia».
Alla routine infernale dei primi tempi (4 giorni di riposo appena in 2 anni di vita on the road e 45.000 miglia percorse in auto in appena 12 mesi, secondo i calcoli di Harrison) seguirono defezioni, cambi di formazione e dischi di successo decrescente (ma anche d’ottimo livello, come The Last Puff, nonostante l’assenza di Wright e Ridley). Cosicché in molti oggi hanno dimenticato gli Spooky Tooth e il loro capolavoro, Spooky Two. Chi lo conosce, tuttavia, ne ha fatto un cult classic il cui valore artistico è molto superiore alle 100/200 sterline richieste sul mercato collezionistico per procurarsi le prime stampe inglesi dalla suggestiva copertina gatefold color seppia e varianti di colore nella busta interna.
Spooky Tooth, Spooky Two (1969, Island)