Penultimo appuntamento al Teatro Regio con ParmaDanza. È il turno di Otello, in prima nazionale, che ha visto impegnata la Compagnia del Balletto di Roma nata nel 1960 dal sodalizio artistico di 2 icone della danza tricolore, Franca Bartolomei e Walter Zappolini. La coreografia, la regia e le scene di Fabrizio Monteverde, le musiche di Antonín Dvořák (1841-1904), gli audaci costumi di Santi Rinciari e le luci di Emanuele De Maria hanno scandito la nuova, provocatoria edizione della tragedia shakespeariana a 16 anni dal debutto al Festival Civitanova Danza.

Prima della serata ho potuto apprezzare, nell’ambito dell’appuntamento La danza dietro le quinte curata da Valentina Bonelli, l’energia e la fisicità di 50 allievi provenienti da 6 scuole di danza di Parma e provincia nella masterclass curata da Monteverde. Gli habitué ben conoscono le rivisitazioni del coreografo romano dei classici di William Shakespeare (una Giulietta e Romeo al top; una Tempesta di tutto riguardo): «La danza è come un profumo», ha dichiarato. «Dovrebbe stimolare la mente suscitando sensazioni, senza doverle per forza descrivere in maniera pedante. Nei capolavori operistici, trovo sempre quel vissuto che ognuno di noi ha dentro di sé».

Nell’Otello, Monteverde pone in evidenza gli snodi psicologici che determinano la dinamica dell’ambiguo intreccio fra i principali protagonisti: Otello (Alessio Di Traglia), Desdemona (Roberta De Simone), Cassio (Francesco Moro), Jago (Paolo Barbonaglia dalla lunga, fluente chioma), Emilia (Ainoha Segrera Garcia) e Roderigo (Marcello Giovani), che hanno eseguito passi a due, a tre, a quattro («Consegno ai danzatori la partitura coreografica, poi spetterà a loro restituirla con la propria personalità»). A distinguersi, sul palco: Viola Alessi, Camilla Candiolo, Salvatore Deluci, Annalisia Falciglia, Alice Fenu, Victor Finaurini, Gianfranco Giordano, Lorenzo Lippera, Aurora Paoloni, Andrea Pignoli, Eleonora Poligioni, Giada Risaliti, Mirko Spampinato e Beatrice Tommasi.

Il Balletto di Roma con il coreografo Fabrizio Monteverde
© Eleonora Tarantino

La scenografia ci introduce nella scarna ambientazione di un porto di mare (omaggio dichiarato a Querelle de Brest, il film diretto nel 1982 da Rainer Werner Fassbinder e tratto dall’omonimo romanzo di Jean Genet). 3 lampioni, 1 banchina di legno e 1 muro elastico mettono in scena i sentimenti più ingovernabili: la passione, una gelosia che sfocia dal piacere alla violenza sulla donna, per poi tramutarsi in un delitto insensato. E poi c’è il rosso e il nero dei costumi, ai limiti del “fetish ”, che suscitano forti emozioni.

Se il sinfonismo di Antonín Dvořák risulta a tratti invasivo, nelle lotte maschili a 2 a emergere è soltanto un ronzìo. «Ho ricercato chi avesse composto musiche sulla figura di Otello», ha puntualizzato Fabrizio Monteverde, «e ne è uscita l’Ouverture da concerto (op. 93, B. 174) a cui sono stati aggiunti altri brani del compositore boemo». A parer mio (da ex discografica), avrei testato lo spettacolo con musiche ritmiche, elettroniche, contemporanee.

© Migliorato

Nella drammatica, più che mai attuale coreografia femminicida, l’impulso prevale sull’accettazione della realtà di un amore ormai finito; sull’equivoco di una fedeltà non riconosciuta che è frutto di un’antica, obsoleta cultura machista. Nel finale, un lungo applauso cattura il fermo immagine di Desdemona, esanime, fra le braccia del suo assassino. A terra, un lungo drappo rosso sangue. E il sipario si chiude, su quell’attimo di travolgente emozione.