Sequel o remake? Qualcosa che sta un po’ in mezzo. Anche perché toccare una bibbia del cantautorato mondiale come Tea For The Tillerman (1970), 2° capitolo della sacra trilogia che comprende nondimeno Mona Bone Jakon (1970) e Teaser And The Firecat (1971), a molti potrebbe sembrare un sacrilegio – eppure Yusuf (Islam)/Cat Stevens con Tea For The Tillerman² sfodera un’impresa perlomeno affascinante. Un’operazione che, in qualche modo, lo rappacifica con quel ingombrante passato di “archetipo del cantautore” che si lasciò alle spalle sul finire degli anni 70, quando abbracciò definitivamente religione e vita islamica (non senza controversie).
Cat Stevens
Yusuf/Cat lo avevamo lasciato con l’uno-due Tell ‘Em I’m Gone (2014 – produzione Rick Rubin, ospiti top quali Richard Thompson, Will Oldham, Charles Musselwhite e Tinariwen) e The Laughing Apple (2017 – con il recentemente scomparso Maartin Allcock, jolly Fairport Convention/Jethro Tull, a dare sicurezza dietro le quinte), lavori alquanto ben riusciti e in perfetta sintonia con “quel” cantautore che scrisse le regole del gioco oramai 50 anni fa. Oggi tocca re-immaginare il “Tè per il timoniere” e, accostativisi senza particolari aspettative, siamo rimasti più che sorpresi per il risultato. Come lo stesso artista ha di recente dichiarato, «Come se fosse stato scritto nel destino, sembra che il tempo per il messaggio che si celava in Tillerman sia arrivato di nuovo». Profetico – e pure sincero osservante sia del proprio credo sia della propria musica.
Yusuf Islam
Mezzo secolo e un intero universo di avvicendamenti dopo, il mondo del pifferaio Cat non ha perso fascino e, anzi, quella di questa suite di canzoni ribadisce come si sia interconnessa con gran perspicacia con il tessuto della cultura popolare. Non sfuggirà ai più affezionati del verbo Stevens la sottigliezza della copertina, che vede il vecchio Timoniere in pausa tè stavolta ben dentro uno scafandro da astronauta e con i 2 mocciosi lì accanto che conversano a 1 metro 1 dall’altro con cuffie nonché FaceTime attivo. Reinventata anche quella – per i tempi che cambiano. Poi vi è la musica, davvero creativa in relazione alla retorica originaria, considerando pure che l’artista ha voluto lavorare di nuovo con i 2 uomini-chiave del vecchio classico: lo storico produttore (ed ex fondatore/bassista dei Yardbirds) Paul Samwell-Smith e il chitarrista gallese Alun Davies, irrinunciabile punto fermo del gruppo di Cat per tutti gli anni 70. Ed è anche interessante notare come, puntualizzato dallo stesso Stevens, i 2 album siano un autoritratto di suoi 2 self: il 22enne appena entrato nell’età adulta che abitava a Soho, nel cuore di Londra; e l’ultra 70enne che per le registrazioni di T4TT² ha riparato in quella Saint-Rémy-de-Provence dove Vincent van Gogh lavorò ad alcune delle sue opere pittoriche più celebri. L’environment, insomma, per l’ispirazione artistica è essenziale.
L’illustrazione originale di Tea For The Tillerman
Le corone del vecchio capolavoro-rosario non sono lì per il piacere del revival – tutt’altro: l’inglese di origine cipriota-svedese nato come Steven Demetre Georgiou sembra giocare con gusto alla sfida, sia nei confronti del vecchio pubblico sia dei nuovi adepti. Che resteranno spaesati, per esempio, a sentire Wild World girata e rigirata come un jazz vaudeville; Where Do The Children Play? spogliata dell’iper-melodia di un tempo a favore dell’understatement di chi la sa lunga – e bene; Sad Lisa, molto più contemplativa e talkin’ di come il mondo la conosceva; Father And Son con strumentazione ricchissima e un vago sapore country-pop, con quello stacco che impasta orchestrazione e coro; Miles From Nowhere che, base acustica e stacchi elettrici, sembra quasi una ballata dei Rolling Stones early 70s; Longer Boats con tanto di cameo del rapper americano Brother Ali (tranquilli, niente di cacciarone né sputtanato); fino al capolavoro, allora come oggi, di tutta la raccolta, ossia la strepitosa On The Road To Find Out, qui letteralmente ribaltata in chiave rock-blues con un tiro degno di suoi colleghi tipo J.J. Cale, Mark Knopfler e Bob Dylan. Fidatevi del timoniere Yusuf/Cat Stevens, che all’ora del tè resta imbattibile – oggi come 50 anni fa.