Da quel magnifico e splendente giorno in cui nel 1992 esordirono con Notes From The UndergroundMedeski Martin & Wood hanno dato grandi soddisfazioni creando una delle più belle e avvincenti discografie della generazione anni 90. E per discografia si intendono anche i (moltissimi) side project, di cui i Wood Brothers è uno dei tanti ma altrettanto è fra i più avvincenti. Tutto nasce una quindicina di anni fa con Chris Wood (basso/contrabbasso) che non contento dei già tantissimi impegni con MM&W si ritrova con il fratello cantautore Oliver e con il polistrumentista Jano Rix – detto-fatto, nacquero i Fratelli Wood. Che 3 lustri dopo hanno pubblicato la bellezza di 11 lavori – e che con questo Live At The Fillmore sanciscono un piccolo, grande successo.

Sembrava che tutto, dal loro natìo Colorado, fosse nato giusto per divertirsi un po’, niente più che una scampagnata nella musica roots ma ad ampio spettro. E invece i Wood Bros, ridi e scherza, sono diventati una vera sensation, tanto che negli ultimi anni sono arrivati a riempire spazi ben più ampi di quelli che generalmente riempiono MM&W, come per esempio l’estate scorsa il “sacro” anfiteatro di Red Rocks vicino a Denver. Si capisce facilmente perché: dischi di studio come Loaded (2008), Smoke Ring Halo (2011), The Muse (2013) Paradise (2015) e il recente One Drop Of Truth (2018) sono una bella boccata d’aria fresca, tipo spedizioni nella più profonda musica americana fra bluegrass, jazz, country, folk e blues ma senza la benché minima ombra di scolastica agiografia. I dischi live, dall’esordio Live At Tonic (2005) passando per la doppietta Sky High/Nail & Tooth (2012) fino a Live At The Barn (2017) – e il Barn è lo studio/sala concerti del compianto Levon Helm nelle Catskill Mountains dello stato di New York – sono il perfetto corollario a tutto ciò.

Già, perché vederli dal vivo su di un palco (e a noi è già capitato un paio di volte), poi, ha il sapore di un siderale viaggio nel tempo e nello spazio: come essere proiettati nell’America rurale della Band o di un film come Matewan (1987) di John Sayles, fra murder ballad, minatori e predicatori (nel caso di Matewan in forma di un sublime e giovanissimo Will Oldham attore protagonista, ben prima che esordisse nel mondo discografico come Palace Brothers e Bonnie “Prince” Billy) – ottimi scatti virati seppia che a proprio modo sono tutti dei piccoli, grandi classici, almeno per chi ha avuto cuore e orecchie di ascoltarli.

Live At The Fillmore, registrato lo scorso marzo in 2 date alla famosa venue di San Francisco, di tutto ciò ne è la celebrazione, dove Oliver Wood dimostra ancora d’essere un serio autore di canzoni che non tradiscono bensì potenziano il suo viaggio letterario-musicale; e dove l’eccezionale dinamismo strumentale che Chris Wood e Jano Rix fanno esplodere riconcilia con la migliore musica americana. Tutto ben dimostrato sia con originali come River Takes The Town, Sky High, Chocolate On My Tongue e Can’t Look Away (non fatevi sfuggire il candido ma “impegnato” testo); sia quando, per lo sfizio di tutti, s’ingegnano in cover di gran valore tipo Big Boss Man (Jimmy Reed), Express Yourself (Charles Wright & The Watts 103rd Street Rhythm Band) e Big Road Blues (Tommy Johnson), che senza soluzione di continuità s’intrecciano perfettamente nell’ora abbondante che offre Live At The Fillmore. E se non siete contenti, sappiate che il prossimo 24 gennaio è in arrivo il loro nuovo album di studio, Kingdom In My Mind.