Di Jack White, da che smise i panni bicolore dei White Stripes, abbiamo capito una cosa: che è sui passi di Neil Young, poiché come il Loner canadese si è creato dei gruppi-compartimenti stagni dove esprimersi. E i Raconteurs (i Cantastorie in francese) potremmo accostarli un po’ agli Stray Gators di younghiana memoria (Harvest, Time Fades Away, Harvest Moon), visto il suono obliquo che tocca un po’ tutti gli animi di, al secolo, John Anthony Gillis. Il gruppo, 10 anni dopo, si ricostituisce per Help Us Stranger, terza prova che lo diciamo subito vince e convince. Lasciate alle spalle le (blande) incomprensioni fra Jack e Brendan Benson, l’altro leader del quartetto, il gruppo riparte esattamente da Broken Boy Soldiers (2006) e Consolers Of The Lonely (2008), ossia da un power rock di chiara matrice 70s innestato nel futuro contemporaneo. Help Us Stranger non ha la pretesa di riscrivere la storia del rock, ci mancherebbe – però suona preciso negli intenti e vanta una qualità di scrittura di sicuro elevata, con la partnership White/Benson che non è una fusione a freddo ma uno scambio molecolare che funziona, eccome. Dopo quel pastrocchio in solo di Boarding House Reach (2018), detto in breve, ci voleva una boccata d’aria fresca. Probabilmente lo sa anche White stesso.

Led Zeppelin, Mountain, Cream, Black Sabbath ma anche i suoni rurali dell’America (Jack da anni risiede a Nashville mica per nulla) – mettetevi a quella lunghezza d’onda e avrete capito facile dove vivono i Cantastorie. I riff potenti dell’album sono equilibrati da ballate robuste, un po’ come i 2 dischi degli anni 00 del gruppo, con tutto che fila liscio e potente lasciando la voglia di ascoltare il lavoro a più riprese per coglierne sfumature varie, rimandi e umori.

12 le canzoni di Help Us Stranger, che si presenta subito con Bored And Razed, che non suona zeppeliniana giusto nel titolo (Dazed And Confused): il tiro è quello del Martello degli Dei, dalla batteria in contro tempo alla chitarra che lancia rasoiate fino alla voce dei 2 leader che si rincorrono sexy e ansimanti. Nelle stesse frequenze si trovano la devastante Don’t Bother Me, che evoca anche un po’ di Sabba Nero, e la convulsa Live A Lie. Poi arrivano le ballate, che danno il gusto definitivo all’intero lavoro: Thoughts And Prayers, ha l’epica delle grandi ballads degli Zeppelin ma immersa in scenari da Anthology Of American Folk Music, ed è altrettanto il brano più sfavillante dell’intera opera; Somedays (I Don’t Feel Like Trying) addirittura sembra evocare la leggendaria Tuesday’s Gone dei Lynyrd Skynyrd; Only Child, con a cantare Brendan, sembra quasi opera di un cantautore non fosse per gli spigoli strumentali che ci mettono i Raconteurs.

Per concludere, già in Consolers Of The Lonely i ragazzi immortalarono una grande e ricercata cover con Rich Kid Blues di Terry Reid (a proposito di Zeppelin mancati: prima scelta di Jimmy Page per farne il cantante del Dirigibile) – e qui fanno altrettanto con la stupenda Hey Gyp (Dig The Slowness), scot-blues di Donovan annata 1965 b side di Turquoise, dove si prendeva spunto dalla blueswoman Memphis Minnie (toh, in origine When The Levee Breaks degli Zep di chi era?), cui viene installato il turbo per far decollare il Concorde.

Foto: © Emma Swann