Martedì 3 novembre 2020 in U.S.A. si vota. L’aria è bollente, nonostante qui, nell’emisfero boreale, l’inverno non sia così lontano. È tornato Sacha Baron Cohen aka Borat sull’onda del clamoroso sequel del 1° e già maiuscolo film del 2006, con il putiferio che la pellicola sta generando – fra Rudy Giuliani, eufemismo, preso con le mani in fragrante e McDonnie Trump che ha bollato l’attore come «schifoso». In un clima del genere non potevano mancare nemmeno i Public Enemy, la creatura di Chuck D che da 35 anni tondi non ha mai smesso di far udire la propria voce anti establishment mai fine a se stessa. E oggi più che mai, gli ex ragazzi di Long Island tengono a farsi sentire, poco prima che i loro connazionali possano commettere lo stesso errore 2 volte: ecco What You Gonna Do When The Grid Goes Down?, che finalmente li riporta a casa, alla Def Jam, che ospitò le loro magnifiche intemperanze nella prima decina d’anni di carriera – e che, soprattutto, è il loro statement politico nell’anno di (dis)grazia delle elezioni yankee.
Public Enemy
Chuck D è in forma più che mai (invecchiando la voce assomiglia sempre più a quella del suo idolo Muddy Waters, avete notato?) – lui che non ha mai fatto hip-hop per meramente finire in classifica cavalcando un trend che lo faccia ricco & famoso ma, tutt’altro, per smuovere le coscienze, per portare la sua politica alle orecchie della gente, unendo la musica nuova di cui in giovane età è stato fra gli assoluti portabandiera con la gloriosa eredità black: Martin Luther King e Jimi Hendrix, Curtis Mayfield/Impressions e John Coltrane, Nina Simone e Muhammad Ali, Little Richard e la Motown, Parliament/Funkadelic e Maya Angelou, la Chess Records e Sly & The Family Stone, Ray Charles e Last Poets, Malcolm X e Sonny Linston, LeRoi Jones aka Amiri Baraka e Booker T. & The M.G.’s, Richard Pryor e Prince, Mike Tyson e James Brown, Chic e Spike Lee, Gil Scott-Heron e Miles Davis, Toni Morrison e Bob Marley, John Lee Hooker e Jack Johnson, Eddie Murphy e Swamp Dogg. Qui, anno domini 2020 in era astrale Covid–Trump, i Public Enemy chiedono ai loro connazionali ma pure a tutto il mondo, «cosa farete quando salterà la corrente?» – e immaginiamo che praticamente nessuno sappia rispondere. Loro, almeno, la domanda la fanno.
Chuck D con i Beastie Boys, primi anni 2000
Curiosoni che siamo, siam andati subito ad ascoltare il pezzo N° 5, Public Enemy Number Won – che inizia con il dialogo fra Michael “Mike D” Diamond e Adam “Ad-Rock” Horovitz, ossia i Beastie Boys superstiti: «Ti ricordi quando nel 1985 stavamo andando a Cleveland in pulmino e Rick ci diede il demo-tape dei Public Enemy?» – «Oh, certo! Abbiamo fatto girare quella cazzo di roba tipo un miliardo di volte, fino alla nausea!». Il Rick in questione, ovvio, è Rick Rubin, con Russell Simmons co-fondatore della Def Jam e all’epoca produttore sia dei Beastie sia degli Enemy. Insomma, Chuck D riesce nel miracolo di riportare in studio assieme per la prima volta dal 2011 i 2 orfani di Adam “MCA” Yauch – e aggiungete che nel pezzo sono perfino ospiti i Run DMC. In pratica il rendez-vous definitivo della trimurti hip-hop 80s. Emozionati ci ritroviamo: per 5 minuti la triade letteralmente incanta con un numero che profuma di Funkadelic meet Prince meet Grandmaster Flash, dove il rap spalmato non lascia prigionieri e il ritmo è impetuoso. Grande incontro, che merita un inchino.
Chuck D con George Clinton (Parliament/Funkadelic), 2020
What You Gonna Do When The Grid Goes Down?, come tutte le loro uscite, è un’opera complessa, piena di ospiti e di azione, di quella vera – che nell’America razzista all’estremo di oggi è d’obbligo che qualcuno si prenda la briga di non la lasciarla nelle mani della fakeness generalizzata. Messo li a officiare la messa nell’intro When The Grid Go Down… è nientemeno che George Clinton, il gran sacerdote Parliament/Funkadelic, mantra per MC nel pieno notte – che poi sfocia in GRIND, turbine con lo stesso Clinton e cooptati anche i Cypress Hill, un party della mente a dir poco contagioso. Immaginiamo che un po’ tutti rammentino la signature song degli Enemy, l’arcinota Fight The Power da Fear Of A Black Planet (1990) – bene, assolutamente eclatante come Fight The Power: Remix 2020 Chuck D la reinventi e la attualizzi ai tempi che corrono, vorticoso trip negli odierni ghetti (che restano i ghetti di ieri), dove non mancano a dar man forte vecchi e nuovi amici, anzi, compagni di lotta quali Nas, Rapsody, Jahi, YG, fino ai 2 Roots Black Thought e ?uestlove.
Chuck D con Ice-T
Se parli di Public Enemy, il vecchio accolito Ice-T, in un modo o nell’altro deve far capolino – eccolo dar man forte agli antichi alleati nel montante hendrixiano Smash The Crowd, con special guest anche un’altra conoscenza del gruppo che si perde nei decenni, quel PMD che dopo i promettenti anni 90 è scomparso dal (nostro) radar. Bentornato. I ragazzacci arrivano a toccar le giuste corde anche quando fanno tutto da soli: vedi Toxic, roba tipo Prince trascinato a forza nelle cantine dei fratelli hip-hopers; e Beat Them All, perfetto equilibrio fra rap ortodosso e aperture che, di nuovo, tirano in ballo il sempre amatissimo Mancino di Seattle scomparso 50 anni fa nella foschia rosso porpora, quella dell’eternità.
In definitiva, sembra ieri che It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back (1988), in piena epoca Ronald Reagan–George Bush Sr, prese per il collo la musica d’Oltreoceano, rivoltandola sottosopra – ed è avvilente che coloro i quale dovrebbero essere i loro eredi, da Kanye West a 50 Cent, facciano davvero la figura degli irritanti bambocci viziati se paragonati a un serio e integro 60enne come brother Chuck D. Per essere chiari: i PE non sono da etichettare come radicali né estremisti, bensì come veri Nemico Pubblico. Che è tutta un’altra storia!