Un cioccolatino nella Swinging London dei 60s e dintorni, che fece girare la testa a molti: Mick Jagger, Andrew Loog Oldham, Small Faces, Jimi Hendrix, Eric Clapton, Rod Stewart e Barry Gibb. Ma andiamo con ordine. Che vi crediate o no, The New Adventures Of… P. P. Arnold è solo il 4° album di Patricia Ann Cole ma meglio conosciuta come P.P. Arnold da che ella iniziò la carriera solista a Londra nel 1966 dopo essersi trasferita lì dalla natìa California – e dopo un breve periodo come Ikettes nella famosa revue di Ike & Tina Turner. Nei giorni magici di Revolver, di Fresh Cream e di Aftermath diventa grande amica e forse qualcosa di più con Jagger e Loog Oldham; quest’ultimo allora manager/produttore/mentore dei Rolling Stones in procinto di lanciare la Immediate Records, etichetta che ebbe massimi successi con Chris Farlowe, Nice e sopratutto Small Faces. Nelle intenzioni del produttore la bella e potente soul singer doveva essere la reginetta della sua nuova impresa – e, in effetti, andò così, poiché fra singoli e 2 album pubblicati nel 1968, The First Lady Of Immediate e Kafunta, P. P. fu baciata da forte popolarità. Basti, inoltre, solo pensare che 2 assoluti classici come  The First Cut Is The Deepest di Cat Stevens e Angel Of The Morning di Chip Taylor prima di tutti passarono per la sua ugola.

Poi non si capisce bene cosa accadde (in conto, però, vi è anche la morte della figlia Debbie, uccisa in un incidente stradale). Ben 2 tentativi di incidere un nuovo disco a cavallo tra fine anni 60 e inizio 70, prima con la produzione del cantante dei Bee Gees e poi con quella del Manolenta. Niente. Quelle session divennero leggendarie perché rimaste nei cassetti, fino addirittura al 2017 quando la rivelatrice compilation The Turning Tide ne ha svelato mistero e bellezza. Per esempio, davvero di gran tiro sono parse le cover di Brand New Day (Van Morrison), You Can’t Always Get What You Want (Rolling Stones) Spinning Wheel (Blood, Sweat & Tears) e Medicated Goo (Traffic). Dopodiché è stato un gran vagare come vocalist in session al servizio d’altri per 4 decenni: PJ Proby, Nick Drake (stupendo il loro “quasi duetto” in Poor Boy dal favoloso Bryter Layter, 1970), Dr. John, Graham Nash, Manassas, Jimmy Witherspoon, Nils Lofgren, Eric Burdon, Peter Gabriel (in Sledgehammer e Big Time trovate P. P. dietro la voce dell’ex Genesis), Roger Waters (sia in studio sia live), Steve Howe (Yes), Oasis, Primal Scream, Ocean Colour Scene e via dicendo.

Dopo tutte queste avventure giunge, come detto, il vero 3° album: The New Adventures Of… P. P. Arnold. Che è una vera sorpresa sotto tutti i punti di vista. A produrglielo è il revivalista mod Steve Cradock, antico fan di P. P. e chitarrista degli Ocean Colour Scene (e on & off anche degli Specials e di Paul Weller), che da conoscitore del “soggetto” fa le cose per bene e confeziona intorno alla splendida voce soul della cantante un gran bel sound che fa risaltare tutto al meglio. A svettare fra i 15 numeri è la messa in musica di un vecchio e leggendario poema di Bob Dylan risalente al 1963, Last Thoughts On Woody Guthrie, dedicato dal Nobel al suo mentore di Okemah, Oklahoma. P. P. Arnold sfodera una performance assolutamente clamorosa: 10 minuti dove sono centrifugati Gil Scott-Heron, Miles Davis, Beastie Boys, Curtis Mayfield, Tricky, Last Poets, Massive Attack, Public Enemy e Marvin Gaye, per quella che sembra davvero una delle più belle incisioni del 2019 e del decennio tutto. Opera che solo un’artista che si è fatta le ossa dal basso può permettersi. Inchino d’obbligo! Per chi volesse ascoltare l’originale dell’autore, la registrazione ufficiale è nel boxset The Bootleg Series Vol. 1-3 (1991).

The New Adventures Of… P. P. Arnold non è, tuttavia, circoscritto al solo poema di Dylan messo in musica. Per esempio, il jazz-soul di I Finally Found My Way Back Home, scritto dalla cantante con il produttore, è roba di prim’ordine – e sembra tanto una answer song alla leggendaria I Can’t Find My Way Home dei Blind Faith (Steve Winwood, Ginger Baker e Eric Clapton), vecchi amici che adoravano la compagnia della Arnold. Altra prova maiuscola è I’m A Dreamer di Sandy Denny: piano, orchestra e tantissima anima che gronda da ogni nota. Per P. P. qui si è mosso pure il Mod Father, nientemeno che Paul Weller: ben 2 i brani regalati da Sua Eccellenza Jam, l’inedita When I Was Part Of Your Picture e la vecchia b-side Shoot The Dove, che la cantante californiana tratta a dovere con classe e stile.

Belle e non poco pure le canzoni scritte da Steve Cradock (su tutte Baby Blue, molto Ronettes) e quelle scritte da P. P., con particolare predilezione per la groovie-ssima Hold On To Your Dreams e per la strepitosa I’ll Always Remember You… (Debbie’s Song), incisa in una cattedrale con l’ausilio di organo e coro – esplicita, toccante dedica alla figlia scomparsa decenni fa. Detto forte e chiaro: se cercate un raggio di sole in una giornata plumbea The New Adventures Of… P. P. Arnold fa decisamente al caso vostro! Lo spelling è uno solo: D-I-S-C-O-N-E…

Foto: P. P. Arnold con Ike & Tina Turner
Insieme agli Small Faces
La soul singer e Paul Weller
Con Steve Cradock