The Ugly American, disco di Mark Eitzel del 2003 che giusto in questi giorni è ripubblicato con tanto di nuova masterizzazione ad Abbey Road (Beatles, Pink Floyd), fu molto di più che una semplice reinterpretazione di pezzi suoi e degli American Music Club – bensì fu parte di un’operazione più complessa che, oramai una ventina di anni or sono, vide protagonista il musicista di San Francisco. Mente eccentrica e contagiosamente astrusa qual egli è sempre stata, il progetto fu quello di regalare ai propri fan prima l’album di cover Music For Courage And Confidence (2002), con interpretazioni mozzafiato dal repertorio targato Kris Kristofferson, Bill Withers, Phil Ochs, Curtis Mayfield, John Hartford e altri; per, quindi, renderlo complementare al disco in questione. In breve: i 2 lavori vivono per forza di cosa insieme, vanno presi come work in progress.
Mark Eitzel
Adesso però è The Ugly American a prendersi i riflettori. Quale fu il colpo del ko? Assoldare un gruppo di musicisti greci – tutti sotto la guida di Manolis Famellos, piccola-grande leggenda della musica ellenica fra traditional e alternative. Badando bene a non dare accenti troppo “esotici” (per uno yankee, almeno…), anche se non mancano velature mediterranee, è davvero uno spettacolo ascoltare in guisa insolita diversi classici del Club e di testamatta Eitzel in solo, imbevuti di strumenti tradizionali come bouzouki, tzouras, lyra cretese e zournas. A molti, peraltro, non sfuggirà l’analogia con quello fatto dal nostro Vinicio Capossela nel suo eccellente Rebetiko Gymnastas (2012), dove il cantautore irpino-modenese si immerse nei suoni della terra di Omero e del rebetiko. 10 anni prima lo stesso concept passò per le mani e la testa di Mister AMC, semplicemente.
La copertina originale di The Ugly American (2003)
Eitzel e Famellos fanno davvero del proprio meglio per dare nuova vita e diversa luce a classici come Western Sky, Last Harbor, Anything, Will You Find Me, Nightwatchman e Jenny, tutti rivelati e abbelliti da un maestoso opus di strumentazione che alla verve stilistica di Mark si adatta come infilato un guanto. Il tocco di genio che ammanta The Ugly American è la capacità di saper conservare le sentite storie di tristezza trademark di Eitzel, il “Morrissey californiano”, in un contesto folk e pastorale – nonché con quella sensazione calda e profonda che il nostro troubadour a tinte camp sa sempre regalare. A chiudere il cerchio, poi, Love’s Humming, pezzo proprio del repertorio Famellos – bellissimo folk-rock a finestre spalancate e invasione di profumi di Grecia a dir poco seducenti. Tutto è, naturalmente, uno spezzappetito in attesa che Mark Eitzel abbia voglia di dar seguito all’eccellente Hey Mr. Ferryman (2017), l’ultimo album di studio che vinse e convinse su tutta la linea – quella del Club della Musica Americana.