Si può esordire discograficamente alla bella età di 68 anni? Certo che si può, anche se Stubborn Heart è l’ultimo tassello di una storia, quella di LarryRatsoSloman, che di cose che la riguarda ne ha davvero tante da raccontare. Così, alla rinfusa, insieme a Robert Shelton è forse il giornalista cui Bob Dylan si è fidato di più (ed è già una medaglia) tanto che fu lui, nel 1974, ad aver l’anteprima di Blood On The Tracks (1975) e ad assistere ad alcune session di quell’album, nonché a venir chiamato ancora da His Bobness per fare il reporter ufficiale della leggendaria Rolling Thunder Revue, da cui fu tratto il fondamentale libro On The Road With Bob Dylan (1978). Fu in quell’irripetibile tour che, fra l’altro, Joan Baez lo ribattezzò “Ratso”, “topastro”. Giornalista per Rolling Stone, direttore prima di High Times e poi di National Lampoon, biografo ufficiale di gente quale Mike Tyson (ben 2 libri: eccellenti), Abbie Hoffman e Anthony Kiedis (Red Hot Chili Peppers); intestatario di svariati tomi di satira & provocazione con l’amico Howard Stern (il DJ più ascoltato d’America); coautore di una dozzina di brani con John Cale (Velvet Underground) negli anni 80; amico fraterno e fidatissimo di Kinky Friedman – spesso si trova Ratso fra i co-protagonisti dei romanzi del Kinkster – di Leonard Cohen e di Nick Cave. Può bastare?

Uomo di chiara contro-cultura, in fondo non sorprende che Sloman arrivi a esordire prossimo ai 70 anni. Al di là dello sfizio, Stubborn Heart si rivela comunque un gran bel disco che non sembra certamente opera di un parvënü capitato nei solchi per caso. Se vi manca molto Cohen, fareste proprio bene a non farvi sfuggire questo disco: il sound che pervade l’opera è coheniano fino all’ultima nota, con tocchi del Cave più quite. Senza contare che il tutto vanta un cast con ospiti altisonanti, a dir poco.

Ratso non va per il sottile, anzi. Per esempio, in tema Dylan punta in alto e addirittura si misura con gli oltre 11 minuti di Sad-Eyed Lady Of The Lowlands che chiudevano Blonde On Blonde (1966). Figuraccia? Tutt’altro. Qui ne è fatta una versione cantata a più voci: ricorda un po’ come Nick Cave fece Death Is Not The End – sempre di Dylan – con i versi alternati fra Ratso e un serie di ladies quali Eddi Front, Magali Charron, Ruby Friedman, Yasmine Hamdan e sopratutto Sharon Robinson, inseparabile alter ego di Cohen negli ultimi lustri musicali del grande canadese scomparso, la quale lascia un marchio indelebile a tutta la performance. E il numero è sigillato anche dall’inconfondibile violino di Warren Ellis (Bad Seeds, Dirty Three, Tex Perkins), perfetto nel puntellare l’opus dylaniano rivisitato. Dettaglio: Sad-Eyed Lady Of The Lowlands è un brano molto celebrato ma di cover se ne ricordano pochissime – contando che si tratti di un “written by Bob Dylan” anni 60 – fra cui quelle di Jim O’Rourke (Sonic Youth, Wilco), Joan Baez, Phoenix e Richie Havens, cui va aggiunta la rapina-a-mano-armata fatta da Francesco De Gregori con L’amore comunque, pezzo del Principe di una dozzina d’anni or sono.

Ma non è mica finita. Visto che le canzoni scritte con John Cale furono spesso di gran livello, Ratso ne riprende ben 3: Caribbean Sunset (con special guest Shilpa Ray e Imani Coppola), la mai pubblicata ufficialmente Living In Moonlight (Cale la eseguiva comunque dal vivo – chi ne avesse voglia può trovarla in un bootleg registrato al Lone Star Cafe di New York nel 1987) e su tutte Dying On The Vine, ripresa in forma smaccatamente e splendidamente coheniana. La ciliegina sulla torta di questo ”cuore ostinato”, infine, è il duetto con Nick Cave in Our Lady Of Light, ballata bella proprio perché cliché nel proprio incedere dolce e scandito.

Foto: Larry “Ratso” Sloman e Kinky Friedman
Ratso con Nick Cave