Interno giorno, villone a Malibù che da sopra Point Dume domina l’Oceano Pacifico, vicina di casa una tizia che di nome fa Barbra Streisand. Diciamo anni 1982-84. La dimora è quella di un signore molto famoso, divorziato ma con diversi figli. Uno di questi, sui 14-15 anni, è molto appassionato di musica. Adora il punk/post punk tipo Ramones, Sex Pistols, Hüsker Dü, Blasters, Clash, Alley Cats, Buzzcocks, Germs, Replacements, Los Lobos, Wall Of Voodoo, Minutemen. Ma sopratutto ama gli X. Ogni volta che il quartetto è in cartellone in qualche locale di Los Angeles, la richiesta è sempre la stessa: «Dad?» – «Dimmi, son…» – «Stasera mi porti a vedere gli X al Whisky A Go Go?». Magari i locali possono essere anche il Roxy o il Rainbow – sempre West Hollywood è. Poco rilevante. La cosa importante è che per quel ragazzino gli X sono “la religione” – e che il padre, sotto-sotto, gode non poco a farsi trascinare dal rampollo a vedere quella band che sta mettendo a fuoco e fiamme la California ma pure un po’ tutta la Nazione. Per la cronaca: il “dad” si chiama Bob Dylan, il “son” è Jakob – quello che qualche lustro dopo avrebbe venduto milioni di dischi con i Wallflowers.
John Doe, Exene Cervenka, Billy Zoom e DJ Bonebrake – gli X per ¾ degli anni 80 sono stati la band che tutti i ragazzini americani con chitarra elettrica al collo e sogni di vero rock & roll desideravano diventare. Un gruppo che aveva tutto: il sound, le canzoni, i dischi che infiammavano i cuori, la presenza scenica, la tensione. Certo, magari non riempivano la arene di basket o di hockey, ma a quell’epoca quando arrivavano in città (qualunque città), come ebbe a dire un loro altro sfegatato fan quale Howe Gelb (Giant Sand), «…quelli che dovevano esser lì, erano lì». Sono passati tanti anni, è vero. L’America di Ronald Reagan adesso è nei sussidiari scolastici ma gli X, eccome, ci sono ancora. Dal vivo il gruppo negli ultimi 2 decenni ha sempre fatto la propria bella quota di concerti annui (compresi un paio di tour come supporter dei Pearl Jam, loro grandi fan) – e avendoli visti diverse volte, possiamo testimoniare che il fuoco non se ne è mai andato. Mancavano, però, i dischi nuovi – nonostante quelli in varia guisa sia di Doe sia di Exene non siano mancati (senza scordare la gran reunion degli Knitters, il piccolo grande super-gruppo ¾ X con aggregato Dave Alvin).
Benvenuti ad Alphabetland, dunque: il 1° album di studio dai tempi di Hey Zeus! (1993), il 1° da Ain’t Love Grand (1985) con Billy Zoom in line up e quello che sancisce i 40 anni dal leggendario debutto prodotto dal loro padrino/produttore Ray Manzarek (Doors), Los Angeles (1980). Sapendo un po’ dei vari problemi di salute di almeno un paio di loro, vedi Exene con la sclerosi multipla e Zoom scampato al cancro, sembra già un miracolo che gli X siano fra noi. Ancora più miracoloso che siano tornati con un album a dir poco incredibile come questo, di quelli che davvero fanno sembrare il tempo un fatto non solo relativo ma irrisorio. Detto chiaramente: Alphabetland, fosse uscito nel 1982 o nel 1984, oggi lo celebreremmo come uno dei grandi album degli X. E bisogna farlo anche nel 2020: 11 brani, nemmeno 30 minuti, prodotti dal grande Rob Schnapf (Beck, Elliott Smith) – dove gli X non solo prendono a schiaffoni tutti quanti, semplicemente spadroneggiano. Alphabetland ossia la religione Exene–John–Billy–DJ a perfetta velocità della sfera del tuono. Come dice una delle canzoni della raccolta, la stupenda Water & Wine: “there’s not tomorrow, there’s only forever!“.
Parte il treno Alphabetland con l’omonimo brano e si coglie all’istante che la real thing è lì, bella incandescente: riff perfetto, strumentazione ad altissimo tasso di testosterone, con le voci di Exene e di Doe a rincorrersi come sempre e come facevano prima di loro i Jefferson Airplane e, soprattutto, Richard & Linda Thompson, punti di riferimento dichiaratissimi degli ex coniugi X (parentesi gossip: separatasi da Doe, Exene si accasò e fece prole con l’attore Viggo Mortensen). Il mood non cambia quando, come una mitragliata, i 4 sparano I Gotta Fever, Free (con quel beat che riecheggia la loro classicissima The Hungry Wolf), Water & Wine (rock very roll in chiaro omaggio a Jerry Lee Lewis e Chuck Berry), Strange Life, Angel On The Road, fino alle perfette riprese di 2 pezzi lasciati fuori 40 anni fa da Los Angeles (ma già noti come demo in pubblicazioni successive): Cyrano de Berger’s Back che sembra quasi musica dei primi Talking Heads e Delta 88 Nightmare (titolo originale semplicemente Delta 88) che è il tipico incubo X hot rod a 1.000 all’ora. Chiude lo spettacolare poema musicato All The Time In The World – dove gli X, con piano d’atmosfera molto Hoagy Carmichael ed Exene che declama in gran scioltezza, incollano tutt’insieme Raymond Chandler e Jim Morrison, Tom Waits e David Lynch, Stan Ridgway e Robert Altman – con ospite nientemeno la chitarra di Robby Krieger, dei loro amatissimi Doors. In alto i cuori, viva gli X 2020!