La storia artistica di Ronee Blakley, a pensarci bene, è erratica quanto rimarchevole. Ha recitato in 1 dei film americani fondamentali degli anni 70, Nashville (1975) di Robert Altman (per il quale fu candidata agli Oscar), e accompagnato Bob Dylan in 1 dei periodi più floridi del Nobel, ossia nella Rolling Thunder Revue e in Desire (1976); ha inciso ella stessa dischi di gran pregio e armeggiato nel cinema (anche come regista), fra un matrimonio con Wim Wenders, aver partecipato alla morte in presa diretta del regista Nicholas Ray in Lampi sull’acqua/Nick’s Movie (1980) e sfide ad alta tensione nientemeno che con Freddy Krueger in Nightmare/Dal profondo della notte (1984). Sul finire del 2020 ha pubblicato Atom Bomb Baby, album nel quale brillano cover come la dylaniana Hurricane e pezzi suoi di assoluto valore. Intervistarla, insomma, è stato un piacere e un onore. Buona lettura…
Ronee Blakley in una scena del film Nashville (1975) di Robert Altman
Fra il tuo secondo album Welcome (1975) e il Nuovo Millennio, abbiamo dovuto aspettare molto a lungo per rivederti alle prese con la musica…
«Mi ci è voluto un po’ per tornare in studio di registrazione con nuove canzoni, è vero. Tutto è cominciato con River Nile, che ho pubblicato una decina d’anni fa. Di lì, ho finalmente pubblicato le vecchie colonne sonore di Lightning Over Water/Nick’s Movie e di I Played It For You. Poi l’album dal vivo con nuove canzoni Live At the Mint e quello, sempre live, di materiale vecchio e nuovo Live At The Bitter End. Nello stesso periodo ho anche pubblicato album spoken word: Naked Truth, Djerassi Collection e Grief Holes, quest’ultimo ispirato alla morte di mia madre. Ti dò anche una piccola anteprima: sto lavorando a un libro».
E il cinema, completamente messo da parte?
«In verità, un lungometraggio a bassissimo budget che ho realizzato come regista ha dovuto essere ritirato dalle possibilità di distribuzione, a causa di motivi politici che avrebbero potuto mettere a rischio il benessere dei miei attori».
Veniamo ad Atom Bomb Baby. L’album è stato registrato negli studi di Jackson Browne, i Groove Masters di Los Angeles. Perché hai scelto di incidere lì? Immagino che tu conosca Jackson da molti anni…
«Dai primi anni 70, quando con Glenn Frey viveva a Hollywood nella zona di Camrose. Anche se non ci siamo mai frequentati molto, in passato Jackson ha detto diverse cose carine su di me. Ed è stato molto gentile ad offrire il suo studio per registrare Atom Bomb Baby. Di lui posso solo dire che è un grande artista, un attivista politico dalla parte delle cose giuste e un pensatore critico. Lo ammiro».
L’album ha un ampio spettro stilistico: country, jazz, rock, blues e parlato. Eppure è molto coerente nello scorrere delle 8 tracce. Cosa ne pensi?
«Posso solo dire che sono orgogliosa del disco. Trovo che sia omogeneo perché io sono il filo conduttore».
Nel 1975 con Bob Dylan, Mick Ronson e Rob Stoner durante la Rolling Thunder Revue
Tra le tue canzoni e Hurricane di Bob Dylan, nell’album rifai Little Joe The Wrangler, un vecchio numero country che hai reintitolato Redux Little Joe. Perché questa scelta? È una canzone a cui sei particolarmente legata?
«Da ragazzo di campagna, mio padre interpretava Little Joe rifacendosi a un disco del catalogo Sears. Quello era il suo brano preferito, quindi è un modo per onorarlo. Ho cambiato la canzone aggiungendovi un mio ritornello e un arrangiamento che presenta Rusty Anderson e Tony Gilkyson alle chitarre, trasformandola in una versione moderna e ossessiva ma mantenendone il tono tragico».
Ho trovato il talkin’ Atom Bomb Baby: Fear By Request davvero interessante e intenso: oltre 13 minuti che dal 1° ascolto mi hanno fatto pensare a cose del genere fatte in passato da Buffy Sainte-Marie e, soprattutto, John Trudell. Sono fuori strada? E comunque, cosa ti ha ispirato a scrivere un pezzo così impegnativo?
«Mia figlia Sarah mi ha chiesto di scrivere una poesia sulla paura, quindi questo è il risultato. Sono davvero onorata che citi il pezzo accostandolo al grande John Trudell: con lui una volta ho condiviso il palco – e devi sapere, fra l’altro, che ho inciso il mio primo demo, nel 1969, con Jesse Ed Davis, il suo storico chitarrista. Di Buffy cosa posso dire se non che si tratti di un talento enorme – e che molte delle sue canzoni sono un promemoria senza tempo di cause meritevoli e correttezza morale».
Come ti è venuta l’idea di coinvolgere Dave Alvin in Hurricane? Vi conoscete da molto tempo? Sei una fan dei Blasters?
«Ammiro Dave Alvin da molti anni. Semplicemente l’ho incontrato e abbiamo discusso di lavorare insieme. Sono una sua fan, sia con i Blasters sia come solista. Amo la sua voce – e credo che Dave sia un artista fra i più importanti che abbiamo».
Ronee con alcuni dei musicisti coinvolti in Atom Bomb Baby: Dave Alvin, Don Hefington e Tony Gilkyson
Trovo emblematico che nel lavoro vi siano Hurricane, brano che è stato ispirato dall’ingiustizia subìta dal pugile Rubin Carter, e il tuo George Floyd, Oh Mama, ispirato all’omicidio per mano di un poliziotto dell’afroamericano George Floyd nel maggio 2020. 45 anni dividono le 2 canzoni e le ingiustizie sono le stesse, anzi, sembrano anche peggio…
«George Floyd, Oh Mama è ovviamente una nuova canzone – e ho pensato che sarebbe stato significativo aprire l’album con Hurricane e chiuderlo con la mia, che parla della cattiva condotta e della brutalità della polizia. La necessità di ricostruire la corretta autorità della polizia è ora più necessaria che mai, con gli assassini di Breonna Taylor licenziati ma non incriminati solo qualche settimana fa. Ho combattuto per l’uguaglianza sin dai tempi del college e devo continuare a farlo come se ricominciassi da capo. Spiegatemi: perché?».
Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story di Martin Scorsese ha ricevuto recensioni positive ma è stato anche criticato per la manipolazione deliberata, tipo vedere personaggi letteralmente immaginari che non hanno nulla a che fare con la Rolling Thunder Revue, vedi Stefan Van Dorp, Jack Tanner e il ruolo di groupie affidato a Sharon Stone. Da che parte stai?
«Martin Scorsese, come Bob Dylan, è così eccezionale che non può essere criticato a mio avviso. Tuttavia quando mi chiedi, essendo io stessa parte della Rolling Thunder Revue, se Scorsese ha catturato l’anima della Revue, posso solo rispondere che ha realizzato un film magico. Qualcosa come una matrioska – peraltro, annunciandolo in modo molto creativo all’inizio del film. Trovo che Rolling Thunder Revue sia affascinante, brillante e misterioso. E sono onorata di farvi parte. Per avere una visione più documentaristica della Revue, trovo che Renaldo e Clara sia uno sguardo prezioso di un luogo nel tempo che non potrà mai essere ripetuto».
Nel 1975 con Bob Dylan, Sara Dylan, Joan Baez e Rob Stoner
Una mia piccola considerazione: quando uscì No Direction Home (2005) di Scorsese, pensai immediatamente che Robert Altman sarebbe stato perfetto come regista per un film Rolling Thunder Revue. Non per altro, ma ho sempre trovato affinità tra il caos cinematografico di Nashville e quello di un tour come quello della Revue – considerando anche che il 1975 fu l’anno bicentenario della fondazione degli USA. Cosa ne pensi?
«Posso solo dirti che è stata la mia fortuna lavorare con dei geni. Uno di questi è stato Robert Altman – e un altro è Wim Wenders. Il mio 1° album in realtà ha portato al mio lavoro in Nashville, che ha portato ai miei viaggi in tutto il mondo per presentare il film: a Milano, per esempio – e in festival cinematografici pieni di star, copertine di riviste e, in generale, molta attenzione in quel momento. È vero che Nashville e la Rolling Thunder Revue avevano molto in comune, in quanto vi erano molte star e ognuna ha una storia, dove finzione e realtà si intrecciavano in qualche modo. E stavamo tutti vivendo un sogno».
Con il regista Martin Scorsese nel 2019
È risaputo che negli anni 70 hai avuto una grande amicizia con Joni Mitchell. Per esempio, mi è capitato di leggere di un leggendario viaggio in barca a vela di voi 2 con Graham Nash e David Crosby. Sei ancora in contatto lei?
«Sai cosa ti dico? È stato un brivido cantare con Joni la mia canzone Dues tutte le sere che la Rolling Thunder Revue affrontava il pubblico. Joni era anche una mia cara amica, quindi tutto era particolarmente dolce. Ho incontrato Joan, come la chiamo io, nel 1970 a Kingston, in Giamaica, dove stavamo letteralmente piangendo sulla Mayan, la goletta di David Crosby, che stava scorrazzando da Nassau, nelle Bahamas, a Los Angeles».
Ronee e Joni Mitchell, Rolling Thunder Revue, 1975
Tua figlia Sarah Blakley-Cartwright è molto apprezzata come scrittrice, grazie a libri assai venduti. Qui in Italia, fra l’altro, hanno tradotto un paio delle sue cose. Immagino che tu sia molto orgogliosa di lei…
«Sono estremamente orgogliosa di mia figlia Sarah! È una bella persona, capace, brillante e dotata come scrittrice ed editrice. Ha scritto il best seller Cappuccetto Rosso sangue, che è stato tra i primi 10 per 19 settimane. Ogni anno scrivo qualcosa per il suo compleanno: quando ha compiuto 30 anni ho scritto Atom Bomb Baby: Fear By Request come parte di una suite per lei».
Con il regista Nicholas Ray in una scena di Lampi sull’acqua/Nick’s Movie (1980) di Wim Wenders
A proposito di vecchi legami: tra gli anni 70 e 80 sei stata sposata con Wim Wenders per il quale, tra l’altro, sei apparsa nel già citato Lampi sull’acqua/Nick’s Movie mentre lui è apparso nel tuo film I Played It For You (1985) – e delle cui colonne sonore parlavi a inizio intervista. Un tedesco di Düsseldorf e un’americana dell’Idaho – che strana combinazione…
«La mia storia d’amore e il mio matrimonio con Wim Wenders hanno portato a lavorare magnificamente nei film che abbiamo affrontato assieme. Pensa che I Played It For You debuttò in Italia alla Biennale di Venezia e successivamente è andato a 10 festival in tutto il mondo».
Nel 2015 con l’ex marito, il regista Wim Wenders
Dopo questo disastro planetario che è la pandemìa, porterai Atom Bomb Baby in giro dal vivo? E in generale, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
«Quando le circostanze lo permetteranno spero di fare il giro del mondo con questo album – e di presentare altre mie canzoni che il pubblico ha apprezzato. Adorerei tornare in Italia – dove, pensa, nel 1978 ho anche inciso la canzone tema di un film di Monte Hellman, China 9 Liberty 37/Amore, piombo e furore. Per l’occasione, andai a Roma per registrare – e ho molti bei ricordi di quei giorni. Ciao a tutti i miei amici italiani: Lodovico Antinori, Anna, André e Fabio Testi. Ciao anche agli eventuali nuovi amici italiani che spero di incontrare in futuro! Grazie anche a te per l’interesse verso il mio lavoro – lo apprezzo davvero».