Mission compiuta! Lo strepitoso documentario How Can You Mend A Broken Heart (2020) di Frank Marshall ha riportato alla bocca di tutti il nome dei Bee Gees – e pare proprio che abbia spianato la strada della cima delle classifiche a questo nuovo Greenfields/The Gibb Brothers Songbook Vol. 1. Certo, la cosa è più facile se ti chiami Barry Gibb – ossia 1 dei più grandi pop-maker della musica mondiale. Ma non è solo quello: Mister Gibb è più di tutto un artista che ha una cura maniacale per quello che fa – anche adesso che i suoi fratellini Robin e Maurice hanno lasciato l’alveo della vita terrena.

Barry lo avevamo lasciato, discograficamente parlando, a quel bel sentire che era In The Now (2016) – una dozzina di brani che svelavano più che mai il suo lato cantautorale, fra l’altro con l’aiuto dei figli Ashley e Stephen. Sintomo che se Barry non ha intorno qualcuno di famiglia, non è appieno a suo agio. Adesso lo ritroviamo, sennonché, con quello che facilmente è il suo country album, dove rilegge una selezione di pezzi Bee Gees (e non solo) con suggestivo taglio western ma non melenso, grazie anche al perfetto tocco del produttore Dave Cobb – uno che in carriera ha fatto cose belle e quadrate con John Prine, Shooter Jennings, Chris Stapleton, Sturgill Simpson, Jason Isbell, Dawes, Brandi Carlile e Colter Wall. Detto in breve: brother Barry sa sempre dove andar nel posto giusto a pescare.

Barry Gibb con Dolly Parton

Ma vediamo dove Greenfields suona meglio – cosa che, peraltro, sembra quasi una contraddizione di termini, visto come il repertorio Bee Gees è fra i più profumati e inebrianti del mondo pop. Sicuramente siamo subito stesi da come il fratello e Dolly Parton eccitano in Words (Barry con Dolly è recidivo – è lui l’autore di Islands In The Stream, stracciaclassifiche USA annata 1983 in duo con Kenny Rogers): il gran singolo del 1968 diventa una partita di bellissimo southern country, dove l’alchimìa fra i 2 è più che palpabile. Giù il cappello – anche perché Barry con signore-icone di questo calibro sa sempre come relazionarsi (ricordate Diana Ross e ancor più Barbra Streisand epoca Guilty e Guilty Pleasure?). Più che azzeccato chiamare Gillian Welch & David Rawlings per Butterfly – dove le armonie vocali volan alto, fra i migliori BG ma pure gli Eagles e Gram Parsons. Alison Krauss è una delizia in ogni cosa che tocca e canta: come i 2 plasmano la magnifica Too Much Heaven, in bilico fra pop e country, non fa una piega. Sheryl Crow sarà un prezzemolo quanto volete – ma il duetto declinato country-jazz very Willie Nelson in How Can You Mend A Broken Heart (non poteva mancare!) calza come un guanto. Aspettavate questo momento da Grease (1978), vero? A parte che in passato un paio di duetti già li fecero, eccolo: Rest Your Love On Me con Olivia Newton-John, dove l’australiana e l’australiano d’adozione amoreggiano che l’è un piasè. Molto, molto interessante anche Words Of A Fool con Jason Isbell: addirittura un inedito del 1986, ballata fra country e soul che più la senti e più pare 1 degli attimi più vibranti dell’intero lavoro.

Gibb insieme a Jason Isbell

Il resto di Greenfields prosegue senza scossoni, fra altri numeri piacevoli via collaborazioni con Miranda Lambert, Little Big Town/Tommy Emmanuel (a loro in sorte la sempre splendida How Deep Is Your Love), Keith Urban et al; e giusto un paio di episodi forse pomposetti, come la Run To Me con Brandi Carlile e (davvero un peccato, vista la diamantina bellezza del brano) la To Love Somebody con Jay Buchanan (Rival Sons). Ah, dimenticavamo: Barry Alan Crompton Gibb, a quasi 75 anni, non ha perso nemmeno una briciola delle sue clamorose qualità vocali – e qui davvero lo dimostra cantando come l’assoluto maestro dell’ugola che è sempre stato. E che l’album sia bollato come Vol. 1 è solo un augurio per il futuro.